Forse dobbiamo al coraggio di Franco Manzitti l'iniziativa di fare del caso di Claudio Burlando un caso nazionale. Forse Repubblica come sistema politico intende dissociarsi dalla gestione della sinistra in Liguria. Anche Eugenio Scalfari nacque come critico della politica; e, solo più tardi e senza più estro, egli è divenuto oratore ufficiale del governo Prodi. Ma forse è difficile trovare un esempio di un intoccabile come quello di Claudio Burlando che percorre una strada in senso opposto alla direzione prevista. Estrae la tessera di deputato scaduta e se ne passa via impunito. La polizia tace. Ora sarà un problema per tutta la politica ligure e nazionale affrontare questo caso, perché Burlando, come è noto, ha creato un circuito trasversale di potere che interessa tutta la società genovese.
Può un uomo che si infischia delle leggi, che mette in pericolo la vita degli altri, che finge un'identità che non possiede e se ne va con l'ossequio della polizia, essere presidente della Regione Liguria?
Diversamente da Berlusconi non penso che Grillo sia un elemento di antipolitica, è solo l'espressione di quel sentimento di quel cittadino che vuole «contare» che è alla base della riforma della politica fatta dal governo Berlusconi. Forza Italia non fu certamente una casta, ha avuto persino paura di diventare partito per non compromettere quella linea diretta tra corpo elettorale e governo che è l'essenza del suo messaggio. Non ha nemmeno usato il sistema dello spoglio, reso possibile dalla legge Bassanini. É per questo diritto dei cittadini a contare nel governo che il caso di Burlando non può non avere soluzione politica, se non ammettendo che si è riprodotto in Italia un sistema feudale in cui il signore è sopra la legge.
Vedremo cosa dirà Marta Vincenzi, avversaria di Burlando nel suo partito, reduce dal successo della notte bianca.
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