Cronaca locale

Quando la torre del Filarete si ritrovò fatta di legno e tela

Nel 1893 una festa illuminò la struttura temporanea di 45 metri che anticipava il rifacimento del torrione

Quando la torre del Filarete si ritrovò fatta di legno e tela

«Sabato sera vi sarà la grande illuminazione del Castello, che dovrebbe riuscire di un bellissimo effetto. Essa rappresenterà l'antica facciata Sforzesca con la torre del Filarete della quale ci siamo occupati l'altro giorno. Questa facciata fa parte del progetto di ricostruzione al quale attende l'on. Luca Beltrami. Il Castello sarà illuminato alla veneziana con più migliaia di lumicini colorati. Saranno in ugual modo illuminati la piazza Castello, la via Dante, la piazza Ellittica e la via Mercanti». Questo trafiletto apparve sul Corriere della Sera nell'ultima settimana del maggio 1893. La festa annunciata vi fu; era di buon auspicio per la progettata riedificazione della torre eretta nel 1452, su ordine di Francesco I Sforza, dall'architetto toscano Antonio di Pietro Averlino, chiamato appunto Filarete. Quell'antica torre era andata distrutta nel 1521 in un'esplosione (un attentato, ma altre ipotesi sono al vaglio degli storici) che causò la morte di oltre trecento soldati francesi.

Nei piani di ricostruzione del Castello Sforzesco - a fine Ottocento ridotto a brani del maniero costruito nel XV secolo sui resti della fortificazione medievale, succeduta al castro romano - la torre del Filarete aveva un ruolo di prestigio. Nulla di strano che Beltrami, senatore del regno, cercasse di ottenere i favori dei milanesi mostrando quanto sarebbe diventata bella. Così approfittò del Gran Premio del Commercio per far erigere una torre in legno e tela, sorta di quinta teatrale alta 45 metri, nel posto esatto dove sarebbe rinata la torre in mattoni. Poche fotografie testimoniano quel lavoro, svolto a tempo di record. Una, rinvenibile in rete nei siti di appassionati, è firmata Giovan Battista Origoni: venne stampata sulle cartoline, oggi d'antiquariato. Altre ne raccontano il cantiere: le funi, le tavole di legno, le decorazioni.

La torre rapidamente apparsa, ancorché posticcia, piacque ai milanesi. Li immaginiamo con il naso all'insù; tanti ragazzi del popolo, scalzi e agilissimi, cercarono di scalarla, quasi fosse l'albero della cuccagna o lo Ziggurat biblico di Babele. Quella momentanea e scenografica addizione, in un castello malridotto, durò un paio di giorni, poi rovinò a terra: non si sa se per il vento o l'eccesso di sollecitazioni cui venne sottoposta.

Le cronache di 130 anni fa sono parche: non sarebbe stato corretto infierire su un'opera comunque effimera, ma firmata da un archistar di gran fama e potere (Beltrami aveva già realizzato la facciata di Palazzo Marino e, in via Solferino, la sede del Corriere della Sera). Il crollo accelerò il rifacimento del Castello. I milanesi capirono che riavere la torre in mattoni avrebbe dato lustro alla città, allora (capita sovente) in gran fermento; da lì a non molti anni, nel 1906, Milano avrebbe ospitato l'Esposizione Universale, dedicata ai trasporti e aperta nel Parco Sempione e nell'ex piazza d'armi del Castello.

La torre del Filarete in muratura venne inaugurata in tempo per l'Expo, il 24 settembre 1905. In quell'anno furono completati i lavori, su progetto di Beltrami, che hanno ridato vita al Castello, luogo storico dai milanesi ancora vissuto con rabbia e timore: era il quartier generale dello spietato maresciallo Radetzky durante le Cinque Giornate del 1848. Oggi, passando davanti alla torre, pochi si soffermano su questi particolari.

Ma la storia di una città è fatta anche di una costruzione effimera, rimasta impressa in poche e sbiadite fotografie.

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