Cronache

Quando il vero scoop è il falso senatore

Quando il vero scoop è il falso senatore

(...) mondo. Attacco, con la grinta che di solito riservo a ben altre cause: «Come si sta nello stesso gruppo parlamentare, il Gruppo per le Autonomie, dove ci sono dentro anche Cossiga, Andreotti, valdostani e tirolesi?». «Guardi - replica lui, prontissimo - per me, destra e sinistra sono uguali. Da buttare. Si vede anche a Genova, in Liguria. Pericu e Burlando, due conservatori reazionari». Belin, che botta! Questo sì che è uno scoop, per uno che, fino a ieri, credevo mangiasse centrosinistra anche a merenda. «Senatore, mi ascolta?». «Sì che l’ascolto, non m’interrompa. Scriva! La storia è un’altra. Bisogna dare più fiducia agli imprenditori. E Fazio e i banchieri, si mandino in esilio».
A ruota libera, adrenalina pura, altro che il Vasco Rossi. Prosegue senza mollare l’osso: «Non si fa niente per il turismo, la burocrazia dilaga, la corruzione impera. Ora le racconto io: Prodi, Fassino, ci metta anche Di Pietro e Mastella, e ci metta pure il mio meccanico sotto casa». Mi entusiasmo: «Lei, senatore, che fa alle prossime elezioni? Si ricandida?». «Be’, ci devo pensare. Mi piacerebbe occuparmi del centro storico». «E i suoi rapporti con la Margherita?». «Mi piacciono i fiori...». Pausa. Cambia tono. Non colgo l’ironia, comincia ad affiorarmi il dubbio: che Pedrini sia diventato anche un imprenditore floricolo? Prendo il coraggio a due mani, e piazzo il colpo del KO, quello che di solito, quando lo dico a Lussana, mi fa guadagnare un trafiletto di otto righe, titolo compreso: «Allora, senatore, dove li scarica questi Ds?». «Ma io, veramente - fa lui, interdetto - non so se è il caso di scaricarli, adesso. Piuttosto vorrei scaricare...». Grunt, grant, grunt. La conversazione s’interrompe, il cellulare non prende. Ma io me ne frego: ho scritto tutto e anche di più. Questo sì che è un senatore d’assalto, che non ha paura di dire le cose come stanno, e persino di scaricare i Ds! Comincio a scrivere, vado che sembro un treno. «Questa volta Lussana mi dà cinque righe in più».
Ho quasi finito quando squilla il telefono: «Salve, sono Pedrini. Mi hanno detto di mettermi in contatto con lei». Ma come? Ci siamo appena sentiti. Abbozzo: «Lei ha un’altra voce, prima mi sembrava allo stadio». Risata di quelle che ti schiantano: «Guardi che io non vado mai allo stadio. E col Genoa poi, di questi tempi...». Cerco di darmi un contegno: «Ma lei è proprio Egidio Pedrini, senatore, quello per le Autonomie, con Cossiga, Andreotti, valdostani e tirolesi?». «E chi vuole che sia? Certo che sono io, mica sono un altro. Me la fa o no questa intervista?». Ma allora quello di prima chi era? «Cosa vuole che ne sappia? Per cortesia, non ho tanto tempo. Da dove cominciamo?». «Forse - sibilo, con un fil di voce - è meglio che cominciamo dal suo numero di telefono. Quello giusto. Sa, me lo ha chiesto Lussana, che è uno che quando dà i numeri...».

Appunto.

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