
Facevo le elementari, eppure ho ancora oggi qualche flash in bianco e nero di scene di guerriglia urbana, con camionette incendiate, barricate presidiate da uomini armati e lanci di molotov. Al tempo, non sapevo che con il termine "Troubles", i guai, la popolazione nordirlandese indicasse la guerra civile. Ma nomi come Belfast e Londonderry semplicemente Derry, per i cattolici si sarebbero insinuati per sempre nella mia giovane psiche, alimentando la fascinazione per un livello di violenza fratricida mai visto dopo la Seconda guerra mondiale in un Paese europeo.
Lontani sono i giorni, verso la metà degli anni Settanta, in cui lo scontro si fece più brutale che mai. Gli Accordi del Venerdì Santo del 1998 pacificarono quella che per secoli era stata la terra più riottosa d'Europa e, malgrado non tutti i problemi siano stati sanati, le due Irlande possono guardare con moderato ottimismo al futuro. Forse, addirittura, a una definitiva riunificazione, per ora lontana.
Riccardo Michelucci, un giornalista la cui passione per le questioni irlandesi va ben al di là della sua professione, conosce la materia come pochi e, a cinquant'anni esatti da uno dei fatti di sangue più clamorosi dei "Troubles", ha scritto un libro prezioso. Il giorno in cui morì la musica (Milieu, pagg. 334, euro 20) ricostruisce il massacro insensato della Miami Showband, un popolarissimo gruppo pop dell'area di Dublino, e il clima di cieca violenza settaria che portò alla loro esecuzione e a vergognosi depistaggi nelle indagini. Michelucci ha scelto un episodio che, non fosse stato per il nome altisonante delle sue vittime, forse sarebbe stato liquidato come l'ennesima strage settaria. A metà degli anni Settanta, quel tipo di violenza nell'Ulster stava raggiungendo picchi inauditi, con l'uccisione settimanale, talvolta quotidiana, di soggetti casuali che non avevano alcun rapporto con la lotta politica in corso. La Miami Showband, che registrava il tutto esaurito ovunque suonasse e che la sera prima del massacro si era esibita in un locale stracolmo appena al di là del confine della Repubblica, fu vittima di una vera e propria esecuzione. La sua notorietà lascia intendere che fosse stata scelta come agnello sacrificale per acuire il clima di terrore settario di cui vittima principale era la comunità cattolica nordirlandese, rea di rivendicare gli stessi diritti di quei protestanti che si ritenevano i padroni incontrastati dell'Ulster, grazie ai privilegi secolari loro concessi da Londra.
Il giorno in cui morì la musica può essere un'ottima infarinatura sulla questione nordirlandese, ricostruendo abilmente il clima di mal sopportazione reciproca tra le due comunità in quella che non è stata una guerra di religione, nemmeno quando eclatanti azioni violente erano
rivendicate da organizzazioni paramilitari che si facevano scudo dietro un vessillo confessionale. La lotta era di natura socioeconomica e puntava a smantellare lo stato confessionale o, a seconda dei punti di vista, a rafforzarlo.