Ma quante lacrime di coccodrillo

Chissà se lo fanno ancora, di notte, davanti ai cessi degli autogrill, il gioco delle tre tavolette? Sul «gioco dei tre infortunati», non ci sono dubbi: è ancora in voga, almeno a Torino e a Milano. Buffon-Camoranesi-Trezeguet e Borriello-Gattuso-Nesta, in ordine alfabetico, ecco gli assi nella manica per il grande bluff dei delusi (da se stessi, si spera). La stagione delle lamentazioni è già iniziata, e dunque... via con le lacrime di coccodrillo per rimpiangere, di volta in volta, «la Torre», «il Leader Emotivo», «il Baluardo Difensivo», per restare a noi, come se le rose delle squadre fossero ancora composte da 13-14 elementi, stile anni ’50, e non da 24-25-26. «Chi è causa del suo mal, pianga se stesso», ammonisce la saggezza popolare. Ma la saggezza popolare, in che ruolo gioca, esterno basso, trequartista o mediano di costruzione? «La pianta va raddrizzata finché è giovane», insiste quell’impicciona. Ma quanto piccola? Il più possibile. Ikande, Oduamadi e Strasser sono già anziani, Abate e Paloschi, dei matusalemme. Bisogna attingere, faccio per dire, dal Romano Banco, vincitore del suo girone fra i Giovanissimi provinciali.

Poi, naturalmente, ci vogliono anche bravi botanici e bravi giardinieri, i Mino Favini, i Sergio Vatta. Pianificazione? No, educazione. E lo Scudetto? E la Champions? «C’è un tempo per ogni cosa». Lo dice il Qoelet che non è un buon difensore centrale. E infatti non gioca nel Torino.

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