Quanti cattivi per fiction finiti davvero nei guai

Le star perseguitate dai propri personaggi

Non a caso Gino Cervi, l'indimenticabile Peppone della serie ispirata al «Don Camillo» di Guareschi, non accettava ruoli scabrosi: dal set alla vita, qualcosa si attacca addosso a chi interpreta personaggi maledetti. E ci sarà un motivo se Richard Gere ha chiesto al Dalai La­ma che cosa poteva accadere, alla sua anima, calandosi in parti malefiche: l'aura infausta permane nel tempo, ha risposto il capo spiri­tuale dei Buddhisti. Inevitabile, quindi, pensa­re che Nicola Battaglia, arrestato dal commis­sariato di Scampia mentre vendeva droga tra le Vele, recasse con sé la «maledizione di Go­morra », lui che era stato scelto dal regista Mat­teo Garrone per incarnare uno dei giovani che, per entrare nel clan camorrista si sottopone a prove di coraggio criminale.
Naturalmente, sappiamo già che chi entra nel mondo dello spettacolo viene tentato da forme di vita estrema: dall'alcol alla droga, nul­la si risparmiano i divi entrati nel cono di luce della celebrità. Però, anche senza essere super­stiziosi, una strana coincidenza si coglie tra i ruoli ricoperti per fiction e certe fini violente, o criminogene, fuori dal set.

C'è una sovrapposizione perfetta, per esem­pio, tra il ruolo da bullo che il ventiduenne Ja­mie Waylett ha rivestito in Harry Potter , imper­sonando Vincent Crabbe, l'amico rissaiolo di Draco Malfoy, e il suo arresto per bullismo. L'estate scorsa, infatti, durante le sommosse di Londra, Waylett è stato sorpreso dalla poli­zia con una molotov in mano, subito dopo aver depredato un negozio insieme ad altri bulli, in quel di Chalk Farm. Adesso l'artista-criminale deve rispettare il coprifuoco: a casa per le sette di sera, fino alle sette del mattino seguente. E chissà se, una volta arrestato, avrà detto: «Ho recitato in 'Harry Potter'» -come Nicola Batta­glia pare abbia affermato, a mò di scusante, mentre lo arrestavano: «Ho recitato in Gomor­ra ». Fatto sta che il gene dell'autodistruzione vive e lotta con gli attori, che sposano una con­dotta di vita sopra le righe. Come Johnny Depp, che prima di diventare il beniamino dei bambini con Il pirata dei Caraibi , ha vissuto an­nitossici e stramaledetti insieme a Jim Belu­shi, suo méntore nel ramo cocaina. La discesa all'inferno, per il fascinoso attore sbancabotte­ghini, iniziò calandosi nel Pinocchio «dark» di Edward, mani di forbice , firmato dall'originale Tim Burton, altro maestro di trasgressione. Nel film, il suo per­s­onaggio si conse­gnava passiva­mente agli stravizi,droga in testa, che poi avrebbero re­so schiavo per de­cenni l'interprete de La maledizionedella prima luna . 

A salvarlo sem­b­ra sia stata la mo­della francese Va­nessa Paradis, invi­diata dal novanta per cento delle francesi proprio perché compagna di Depp. Che comunque poi ha ripreso a bere. Dal novero delle maledette coincidenze, non può mancare il nome del regista Roman Polanski, che per aver ingaggiato un consulen­te della Chiesa di Satana all'epoca in cui girava Rosemary's Baby , si è poi visto uccidere la mo­glie Sharon Tate, nell'agosto del 1969, proprio da un adepto delle sette sataniste, quel Ri­chard Manson tristemente noto alle cronache nere.

E qui, ci si potrebbe sbizzarrire ricordando che quel film, girato nel lussuoso residence Dakota di New York, portò sfortuna anche a John Lennon, ucciso da un fanatico proprio nel punto in cui Polanski - per fiction - faceva precipitare nel vuoto un

suo attore.

Gli attori, usualmente gente superstiziosa, dovrebbero rispolverare il codice etico di Cer­vi: solo parti da galantuomo. 

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