Suscita disagio il dover indugiare sulle meschinità duna polemica faziosa nel momento in cui abbiamo il cuore stretto per le morti di Molfetta. Ma ci sembra impossibile lasciar passare sotto silenzio la spudoratezza con cui alcuni esponenti politici e alcuni organi di stampa usano quelle povere bare come strumenti di propaganda. Esprimiamo questo giudizio con assoluta tranquillità perché non abbiamo code di paglia. Dopo la strage della Thyssen abbiamo espresso senza mezzi termini la nostra indignazione per le inadempienze e le negligenze aziendali che apparivano della massima gravità.
Ma la tragedia dellautocisterna ha tuttaltri contorni e tuttaltro contesto. Il pesante bilancio della sciagura è dipeso senza dubbio - nella inosservanza di cautele indispensabili - anche dalla generosa imprudenza di chi, avendo visto in pericolo uno degli operai, sè prodigato per soccorrerlo. E così, in una catena di atti dabnegazione, cinque vite sono state immolate. Tra esse la vita del titolare della ditta dove il terribile incidente è avvenuto. Sulle cause della strage è giusto sia svolta unattenta indagine, per trarne insegnamento. Si deve insistere, nella lotta agli infortuni, sulla preparazione teorica e pratica di quanti vengono addetti a mansioni rischiose dove il pericolo è sempre in agguato (ma labitudine induce a sottovalutarlo).
Abbastanza chiaro dunque, nelle linee generali, il quadro dellaccaduto. Qualche personale omissione delle misure di sicurezza, ma nessuna volontà padronale di mettere a repentaglio, per cupidigia di denaro, lincolumità dei dipendenti. Tanto che il «padrone» è anche lui morto.
Ma i demagoghi della sinistra non hanno voluto rinunciare a una comoda occasione per ostentare dolore e per distinguersi in livore. «Omicidio di Stato» ha titolato Liberazione, quotidiano dei comunisti italiani: un decrepito slogan per convalidare unaccusa non solo falsa ma sciocca. (LUnità non è stata molto più composta con il suo «Nessuno ferma la strage di operai» a tutta pagina, e con la cancellazione del «padrone» dal novero dei caduti). Perché omicidio di Stato? Perché, spiega Piero Sansonetti direttore di Liberazione, la Confindustria non vuole lattuazione della nuova legge sulla sicurezza, e il governo ha ceduto a quelle pressioni. «Leggete lintervista del ministro Damiano - sollecita Sansonetti - e vedrete che il sospetto non è solo nostro». Infatti lho letta lintervista. Che reca testualmente: «Il governo ha prodotto un grande risultato con la legge 123 varata nellagosto 2007. Questa legge ha dodici articoli di cui undici sono già operativi». Tutto il male deriva, par di capire, da quel dodicesimo articolo non ancora attivato.
Questa è ovviamente una fandonia. Nessun miglioramento duna legge già vigente per undici dodicesimi - Damiano se ne vanta, pur prendendosela anche lui con le «resistenze» di Confindustria - avrebbe impedito agli intrepidi di Molfetta dagire senza prudenza ma con straordinario slancio di solidarietà per aiutare i compagni in difficoltà.
Gli infortuni sul lavoro sono un problema serio, serissimo. Annullarli non è possibile, così come non è possibile annullare gli ancor più micidiali incidenti stradali. Ma di sicuro si può e si deve intervenire là dove esistono - perché esistono, il caso Thyssen insegna - egoismi e sordità proprietarie.
Mario Cervi
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