Fabrizio de Feo
da Roma
Il giorno dopo la diretta, firmata Raitre, della manifestazione dell'Unione, nel centrodestra si intrecciano umori diversi. C'è la rabbia per uno spettacolo di televisione militante messo in onda dal servizio pubblico senza neppure un filo di trucco o un'ombra di equidistanza. C'è l'ingenuità di chi ricorda che la Vigilanza ha regolamentato le dirette, limitandone la concessione soltanto agli appuntamenti istituzionali e ai grandi avvenimenti di cronaca e si chiede se il comizio di Romano Prodi rientri in queste categorie. C'è l'ironia di chi promette che chiederà le telecamere di Rai Tre per la prossima manifestazione di An visto che «la grancassa suonata domenica fa tana libera tutti» e ricorda il contro-slogan «lottizzato abbassa la cresta» opposto a quello di lotta antiberlusconiana «abbonato alza la testa».
Ma soprattutto c'è la sorpresa per quella che l'azzurro Giorgio Lainati definisce «la parata in piazza di una numerosissima rappresentanza di giornalisti Rai in libera uscita». Una sfilata di volti noti che dichiarano ed esibiscono la loro appartenenza politica e il loro affetto per il Professore.
La lista dei telegiornalisti presenti a piazza del Popolo è, in effetti, lunga. Si va da David Sassoli a Lorenza Foschini, da Ennio Remondino a Daniela Tagliafico, da Federico Fazzuoli a Piero Badaloni, dato in pole-position per la direzione di una rete in caso di vittoria dellUnione. E ancora: c'è l'europarlamentare Michele Santoro, c'è Oliviero Beha, c'è Donato Bendicenti. E in studio il pur ottimo Giuliano Giubilei che inciampa in un «ora siamo costretti a dare la linea a Renato Brunetta», piccolo lapsus che fa capire l'entusiasmo con cui una voce del centrodestra viene accolta dentro la diretta.
Lo scenario, insomma, è quello (anomalo) di sempre. E certo non rappresenta una novità per chi ha un minimo di conoscenza della Rai, come il ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi. «La partecipazione di alcuni giornalisti Rai alla manifestazione è una non notizia. Quel che infastidisce è il tentativo ipocrita di voler essere allo stesso tempo giornalisti con diritto di militanza politica e strenui assertori dell'indipendenza dai partiti. Quelli così dalle mie parti li definiscono sepolcri imbiancati», commenta il ministro a Il Giornale. «Per quel che riguarda la diretta il precedente non è dei migliori. Cosa accadrà ora? Tutti chiederanno dirette per manifestazioni di partito? Personalmente, comunque, a me preoccupano di più i tanti programmi di Raitre che inseriscono messaggi politici in ogni modo e in ogni spazio utile».
Landolfi non si stupisce neppure di un altro fenomeno iniziato da tempo nei corridoi di Viale Mazzini e Saxa Rubra, il riposizionamento a sinistra, giudicandolo una sorta di specialità della casa. «La Rai è un sismografo sensibilissimo dei vari momenti politici. Ma fossi in loro inizierei a preoccuparmi perché il vento sta cambiando e chi si è spostato per seguire la moda ora rischia di ritrovarsi improvvisamente fuori moda».
Anomalia o consuetudine che sia, nel centrodestra sempre più esponenti si chiedono come individuare nuove regole per limitare gli eccessi di faziosità. «Raitre è militarizzata», dice l'azzurro Fabrizio Cicchitto. E se Ignazio La Russa annuncia «una iniziativa come gruppo parlamentare affinché questa vicenda non passi sotto silenzio», Alessio Butti chiede alla Vigilanza di imporre ai giornalisti Rai che intendono candidarsi di lasciare il video sei mesi prima delle elezioni «in modo che non facciano campagna a spese del canone».
Nell'Unione la presenza di tanti volti noti viene accolta come un buon auspicio. Dentro Viale Mazzini, però, si fa notare che l'emorragia verso sinistra scoppiata dopo le Regionali è ormai rallentata e si vive un clima di attesa vigile. «Ci sono giornalisti che hanno ripreso a scrivere e firmano pezzi su l'Unità», racconta un dirigente Rai.
Come dire che il sismografo di Viale Mazzini è sì in fibrillazione ma non ha ancora emesso un verdetto definitivo.
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