Un gesto di buona volontà del Quirinale - dove è stato finalmente deciso di rendere pubblico il bilancio interno - ha riattizzato il dibattito sui costi spropositati della politica in Italia. Risulta dalla nota del Colle che il personale complessivo è di 2181 dipendenti. Di questi, gli addetti di ruolo alla Presidenza ammontano a 1095 unità. Tra loro ci sono 108 dipendenti in diretta collaborazione con i vertici della Presidenza: e poi 1086 militari - tra loro i 297 corazzieri - e addetti alla polizia e alla sicurezza. Un organico superiore di 587 unità a quello del 1998. Questo apparato - e la manutenzione dell’immenso palazzo che fu dei Papi e dei re d’Italia, nonché dei suoi giardini - imporrà quest’anno una spesa di 235 milioni di euro: il che in valori monetari depurati dell’inflazione significa il 60 per cento in più rispetto a dieci anni or sono, e il triplo rispetto a vent’anni or sono. Il bilancio di previsione è inferiore d’un milione di euro a quanto stabilito dal bilancio pluriennale dello Stato, 3,23 per cento di aumento anziché 3,5. Cioè si spenderà un pochino meno di quanto previsto, ma più che l’anno prima.
L’unica voce praticamente stabile, e oltretutto ragionevole, è quella dell’appannaggio presidenziale, fermo a 218.407 euro (e soggetto, per una decisione presa a suo tempo da Oscar Luigi Scalfaro, alla normale tassazione). Alle critiche per la spesa quirinalizia si è associato Emanuele Filiberto di Savoia affermando che i costi della monarchia erano «venti volte inferiori» (prescindendo, è ovvio, dal costo, dalle distruzioni, dalle perdite umane di una guerra perduta). Seccato per i rilievi negativi, il Quirinale li ha detti «inappropriati» ed ha sottolineato che sono affiorate ultimamente nuove esigenze di sicurezza e di valorizzazione del patrimonio artistico.
Fermissima impressione del cittadino comune è che il Quirinale sia un lusso eccessivo, e sia gestito con lusso eccessivo. Impressione giusta o impressione sbagliata? I raffronti risultano impietosi per il mastodonte burocratico del colle più alto. Raffaele Costa scrisse nel suo libro «L’Italia dei privilegi» che la regina Elisabetta II d’Inghilterra dispone di 300 dipendenti, il re di Spagna di 543, il presidente Usa di 466, l’imperatore del Giappone di mille all’incirca. Ma proviamo a esaminare i casi di presidenze vicine all’italiana, ossia la tedesca e la francese. Ho fatto ricorso, per avere dati recenti e precisi, alla cortesia dei colleghi Salvo Mazzolini (Berlino) e Alberto Toscano (Parigi).
In Germania il presidente della Repubblica - attualmente Horst Kohler - ha, come il nostro, compiti soprattutto di rappresentanza e di garanzia, ma rispetto al nostro più affievoliti. Lo si può paragonare ai sovrani scandinavi. Il potere vero spetta al cancelliere. Ecco allora le informazioni di Mazzolini: «Nel 2006 sono stati stanziati per le spese della Presidenza diciannove milioni 354mila euro. Questa cifra è comprensiva di tutto, stipendio del presidente e del personale, spese ordinarie e straordinarie, viaggi all’estero, manutenzione delle due residenze (Bonn e Berlino). Il presidente ha uno stipendio annuo netto di 199mila euro, e dispone inoltre d’uno straordinario (78mila euro nel 2006) per spese di rappresentanza e interventi di vario tipo. Gli organici della presidenza ammontano a 160 unità tra consiglieri, funzionari, impiegati, personale addetto alla manutenzione e alla sicurezza. Il numero dei dipendenti è fissato per legge. «Meno d’un decimo di quella del Quirinale la spesa tedesca, molto meno d’un decimo il personale».
Il presidente francese non è una figura rappresentativa e notarile: ha un forte ruolo operativo - e in settori come quello degli esteri e della difesa prevalente - nella politica francese. L’Eliseo di Jacques Chirac - ancora per poco - non è un osservatorio o un luogo di verifiche, è una plancia di comando. Ecco il ragguaglio di Toscano: «Effettivi della Presidenza: 941 persone di cui 365 militari. Tra quei 941 gli addetti al Capo dello Stato, alla sua famiglia, alla sua abitazione e alle sue relazioni personali sono 192 di cui 29 militari; gli addetti ai servizi della presidenza sono 749 di cui 336 militari. La presidenza include le sedi staccate o di vacanza di palazzo Marigny (accanto all’Eliseo), castello di Rambouillet, forte di Bregancon e altri immobili. Tra questi un appartamento, vicino alla torre Eiffel, dove Mitterrand ospitava la madre di Mazarine, la sua figlia segreta.
La dotazione del presidente della Repubblica, comprese le spese di rappresentanza e di viaggio, è di un milione 736mila euro. Aggiungendo le retribuzioni del personale si arriverà per il 2007 a circa 32 milioni di euro, in lieve calo sul 2006. Inoltre sono previsti «fondi speciali» per oltre cinque milioni di euro annui. Il Presidente paga l’Irpef su un salario mensile lordo di 6627,45 euro. Lasciato l’Eliseo Mitterrand ebbe 4300 euro mensili della pensione di ex presidente e 4400 euro mensili di altre pensioni: gli spettavano inoltre, come ex, lo stipendio per due addetti al segretariato, una guardia del corpo, auto blu e autista». La disparità enorme tra la spesa per l’Eliseo - 32 milioni di euro - e la spesa per il Quirinale - 235 milioni - lascia supporre che in Francia alcune voci importanti siano contabilizzate a parte. Poco più di un anno fa un’inchiesta di Nouvel Observateur sostenne che i bilanci dell’Eliseo erano truccati, e che la spesa era tripla di quella resa nota, ossia 90 milioni di euro. La cifra parve ai francesi mostruosamente alta.
Perché il Quirinale è così caro? Intanto perché la politica e la burocrazia italiana tendono a dimensionarsi, nei piani alti, al livello delle cinque stelle lusso. Ci comportiamo - o meglio loro si comportano - come un Paese straricco. Parlamentari ed europarlamentari sono i più pagati d’Europa, i consiglieri regionali sfiorano - e in Sicilia raggiungono o superano - la retribuzione sontuosa di deputati e senatori, il governatore della Banca d’Italia è il banchiere centrale meglio retribuito del mondo - tranne pare Hong Kong -, anche nelle propaggini manageriali della politica non si scherza e chi guida l’Alitalia in bancarotta incassa più di chi guida la Lufthansa. Si sciala nelle retribuzioni, si sciala nell’assegnazione di personale anche se da ogni ufficio pubblico si levano strazianti invocazioni perché «gli organici non sono completi». Qualche giorno fa s’è accennato all’istituzione d’una «autorità» per la tutela dei diritti dei detenuti, e veniva ventilato un organico di cento (cento!) dipendenti. A far che?
Torniamo al Quirinale. Per strutturare una presidenza che è forte per la stabilità - sette anni - ma debole per l’ambito decisionale potevano essere seguite due strade: un Quirinale leggero e un Quirinale pesante. L’opzione della leggerezza era suggerita dal fatto che il Presidente della Repubblica «non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni» tranne che per Alto Tradimento o per attentato alla Costituzione. Nessun suo atto è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti (e s’è visto quale diatriba giuridica sia stata inscenata per la grazia a Sofri e altri).
È stata invece prescelta, non disinteressatamente, la formula della pesantezza, e d’un fatato universo quirinalizio dove per esempio all’ufficio postale - Raffaele Costa dixit - erano adibite 16 persone. Il Quirinale così messo in piedi è una sorta di bonsai - ma anche un bonsai può essere gigantesco - che riproduce quasi tutte le varietà della selva burocratica italiana. Tre boiardi stanno alla sommità della piramide, il segretario generale e i suoi due vice. Ci sono poi i consiglieri, ciascuno di loro è un miniministro a capo di un miniministero: consigliere per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali (ministro della Giustizia), consigliere diplomatico (ministro degli Esteri), consigliere militare (ministro della Difesa), consigliere per gli affari interni (ministro dell’Interno) e così via. Il tocco quirinalizio fa lievitare le retribuzioni. Chi è «comandato» al Quirinale da altre amministrazioni riceve, anche se le sue mansioni in sostanza non cambiano, una vistosa gratifica monetaria (successivamente avrà anche, il più delle volte, gratificazioni di carriera).
Non si può dare addosso al solo Quirinale: men che meno nel momento in cui dal colle più alto viene, dopo troppo lunghe reticenze, un esempio di trasparenza. Semplicemente si vorrebbe che la questione dei costi della politica, messa sul tappeto, non finisse presto nel cestino.
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