Quanto costano quelle promesse

«Si può fare». Sembra incredibile ma Prodi scrisse proprio così quando spiegò la sua promessa di 2.500 euro per ogni bambino la scorsa campagna elettorale. Controllare gli archivi per credere. La cosa deve aver interessato Veltroni che si è affrettato a infilare anche questo ricordino prodiano nel libro dei sogni presentato ieri come programma del Partito democratico. Anche il numero non dev'essere casuale: dodici i punti di Veltroni e dodici anche i punti imposti da Prodi l'anno scorso per rimanere in sella; non si fece nulla dei punti di Prodi e non si farà nulla nemmeno di questi. C'è un po' di spudoratezza in questa scopiazzatura veltroniana; d'accordo, il popolo spesso ha la memoria corta ma la scorsa legislatura è stata la più breve della storia repubblicana, è un po' presto per sperare nell'amnesia collettiva.
Rinfreschiamo comunque i ricordi e facciamo modestamente notare che, nonostante gli abbondanti surplus finanziari, nei due anni del centrosinistra al governo non solo non si vide traccia dei 2.500 euro promessi, ma venne persino abolito il bonus bebè di mille euro che il governo di centrodestra aveva erogato. Purtroppo per gli imbonitori c'è una maniera semplice di smascherare le bufale: i numeri. Ci sono più di cinquecentomila nuovi nati all'anno, moltiplicati per 2.500 fanno un miliardo e 250mila euro: questa cifra progredisce geometricamente perché deve essere ripetuta ogni anno. Se la vogliamo limitare il bonus a 5 anni significa un costo a regime oltre i sei miliardi di euro all'anno ripetibili. Attendiamo dettagli, clausole e postille (tipo: il bonus sostituisce lo stipendio, non verrà erogato a chiunque abbia il cognome più corto di trentadue lettere, si tratta di uno sconto di imposta solo per chi già non dichiara nulla e simili) ma così com'è la misura, anche se non venisse da una parte politica che ha già dimostrato la totale indifferenza all'argomento, sarebbe lo stesso una sparata da cartellino giallo. Il cartellino rosso arriva unendo questa spesa con l'altra promessa-paradosso di quello che, fino a prova contraria, è ancora il partito delle tasse: calo di un punto percentuale all'anno dell'Irpef per tre anni. A parte che definire questa promessa: «fare quello che non è mai stato fatto» è lacunoso, in quanto sarebbe stato meglio completare la frase con «dalla sinistra» perché evidentemente Veltroni era distratto mentre le aliquote venivano abbassate con i due moduli Tremonti; però vale la pena di fare due conticini anche qui. Il gettito Irpef vale circa 150 miliardi di euro, quindi l'uno per cento «costa» un miliardo e mezzo. Anche qui la spesa però è progressiva e dopo il terzo anno il costo diventa vicino ai 5 miliardi l'anno, senza nemmeno la speranza di produrre l'effetto «frustata» che avrebbe ad esempio l'introduzione di una bassa aliquota unica seguendo la teoria della flat tax o almeno la riduzione a due. Con due punti siamo già a 11 miliardi di spesa ogni anno. E non si è ancora cominciato a parlare di mille euro per i precari, delle infrastrutture, di «rottamare il petrolio», delle forze dell'ordine, delle case in affitto e del Mezzogiorno. Non so che stima abbia Veltroni dell'intelligenza degli Italiani, ma qui siamo ben oltre il vendere il Colosseo ai turisti.
Sarebbe bene che chiunque sia tentato di giocare in questa campagna elettorale a chi la spara più grossa, si ricordi che stiamo andando verso una sempre più probabile recessione e che il governo Prodi ha già innescato alcune voragini di spesa ripetibile di cui ancora non si conoscono le reali entità e che andranno misurate a consuntivo. Senza dimenticare che l'impegno con l'Europa, peraltro già rimandato, a causa delle spese dell'ultimo anno, è quello di azzerare il deficit entro il 2011. Aggiungere spesa a pioggia senza una visione, senza un preciso intento di rovesciare le tendenze avviate in questi anni non porterà a nulla. Quello che l'Italia necessita è una cura da cavallo, che si misurerà in stabilità, fiducia, capacità di attirare investimenti, merito, competitività.


I libri dei sogni fanno solo del male perché creano disillusione, tra l'altro non portano nemmeno voti perché gli Italiani ormai quando sentono parlare di dodici punti si ricordano, e sorridono, amaro.
Claudio Borghi

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