Quartiere Satellite, prove di integrazione

«Fra questi condomini mi trovo bene, ma ci sono cose che possiamo migliorare»

Marina Gersony

«Il Satellite di Pioltello? Ci sono cose da migliorare. Ma alle critiche preferisco l’azione». Karin Cervantes è peruviana, ha 34 anni, ed è arrivata in Italia quando ne aveva 18. «Eravamo poveri. Abbiamo deciso di lasciare il nostro Paese per una vita migliore». A Milano di giorno lavora come colf, di notte assiste gli anziani. Riesce a racimolare un gruzzolo da dare ai «pasadores», ogni volta 5.000 euro per far venire un parente dal Perù. Ne arrivano una quindicina, tutti clandestini, che lei aiuta a integrarsi. Oggi sono regolari e i figli vanno all'università. «Non ci siamo risparmiati nel lavoro lecito per garantire loro un futuro».
Nel frattempo Karin si sposa con un elettricista italiano e trova lavoro come macchinista tessile. Tutto bene fino a quando l’uomo muore, travolto da un camion mentre va in bicicletta. Karin è sconvolta, ma non si arrende. La vita continua. Nel 2004 incontra Bogdan Kwappik al Kimbara, un locale latinoamericano. Lui è un coetaneo polacco, pieno di voglia di fare. Scocca l’amore. Vanno a vivere insieme e l’anno scorso nasce Vittoria, bionda come il papà. Entrambi ferventi cattolici, sono appassionati di calcio e nel tempo libero organizzano tornei multietnici anche a livello internazionale.
Tutti conoscono questa coppia al «Satellite», il quartiere di Pioltello a pochi chilometri da Milano. Costruito negli anni Sessanta sulla spinta della seconda immigrazione dal Meridione, è nato nel segno della speculazione edilizia. Una volta era popolato dagli italiani provenienti dal Sud e i problemi erano i reati di mafia e di «stidda». Oggi ci abitano gli stranieri con «l’ottanta per cento di gente per bene», a sentire il farmacista, dottor Carlo Cipolla. Le nazionalità presenti sono circa una settantina - con prevalenza di ecuadoriani e peruviani - e oltre 4mila gli stranieri, su un totale di 8mila abitanti. Molti i clandestini, ma anche i residenti che si battono per una qualità di vita migliore.
Succede così che i condomini, che qui hanno i nomi dei pianeti, diventino dei veri e propri «laboratori cittadini», come il Plutone, dove l’amministratrice Carla Maldotti, da 25 anni a Pioltello, organizza insieme agli abitanti delle domeniche ecologiche per migliorare le condizioni dell’abitato. «Ho acquistato casa un paio di anni fa - racconta Renata Albertella, cartolaia circondata da phone center e da negozi alimentari multietnici -. Ho vissuto sulla mia pelle le difficoltà dell’immigrato che dal Meridione si trasferisce al Nord. Ho scelto di proposito di vivere qui. Mai nessuno mi ha molestata o derubata». Ma Renata è un’eccezione.
Molti italiani hanno venduto casa agli stranieri che a loro volta subaffittano per pagare il mutuo. Certo, l’identità nel Satellite è ancora fragile, ma le comunità sono sempre più organizzate. «Il Comune promette e non fa niente - afferma il dottor Cipolla -. Manca la vigilanza, ci sono risse fra latinomericani e gli scantinati sono trasformati in laboratori dove si mangia e si dorme. Chi appena può da qui se ne va».


Karin, strenua difensore del «suo» quartiere, non condivide le parole del dottore, anche se lo definisce una persona «sempre gentile e disposto ad aiutare gli immigrati». A suo avviso, più che di risse e di reati, le difficoltà maggiori nascono dalla mancanza di rispetto delle normali regole di educazione. Come in qualsiasi condominio del mondo. Parola di Karin.

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