Al sarto Lizzola stanno fischiando di nuovo gli orecchi. Alberto Zaccheroni trova unaltra panchina. Ha fatto il giro dItalia, ha vinto uno scudetto a Milano, dove ha allenato le due squadre, ha frequentato lasilo in Romagna, le elementari tra Bologna, Venezia, Cosenza, le scuole medie a Udine e si è laureato al Milan per poi essere rimandato e bocciato con la Lazio, lInter, il Torino. Ma che centra Lizzola? Centra perché Silvio Berlusconi non si divertiva con quel Milan di Zac e un giorno, intervistato dal settimanale «Rigore», fece il cappottino al signore di Meldola: «Zaccheroni mi fa venire in mente Lizzola, il sarto della mia adolescenza. Lui aveva un motto: se hai una buona stoffa fai attenzione a che sarto la dai». Zac capì che era arrivato il tempo di mollare le forbici, lago e il filo e di cambiare fornitore di tessuti. Prevedo che a Torino, città di stile e moda antica, la battuta del premier verrà rimessa in circuito nelle piole di collina e nei bar con gli stucchi e gli ori alle pareti.
I tifosi della Juventus avrebbero dovuto anche aspettarselo da questa dirigenza: ha assunto un allenatore licenziato da Urbano Cairo, insomma uno che non andava bene nemmeno al Toro. Oh basta là! Detto questo qui si potrebbe chiudere largomento, non cè mai limite ai pensieri e alle azioni del quartetto che governa la Juventus.
Zaccheroni dovrà guidare la squadra per mesi quattro o poco più, secondo contratto. Potrebbe rilanciare la Juventus, vincere lEuroleague, qualificarsi per la prossima Champions e poi? Essere messo in cassa integrazione (chiedo scusa ai lavoratori della Fiat che stanno soffrendo davvero) per fare posto allilluminato Lippi Marcello, reduce dal mondiale in Sudafrica. Oppure non aggiungere nulla a quello che Ciro Ferrara ha fatto, galleggiare al largo della classifica pesante, giungere anonimamente alla fine e dunque consegnare, sempre al di cui sopra, la squadra e il futuro.
La confusione resta sovrana ma non vedo la notizia, volete una conferma della commediola bianconera? Ieri pomeriggio Zaccheroni è arrivato al campo di allenamento di Vinovo accompagnato da Bettega, è entrato nello spogliatoio per ambientarsi al nuovo domicilio e, qualche minuto dopo, a bordo di una Maserati, si sono presentati Ferrara e il suo staff, giunti per ritirare dagli armadietti effetti personali, calze, scarpe, varie ed eventuali. Mancavano Totò e Peppino poi il film sarebbe stato completo.
La Juventus continua a vivere di rendita di un passato che non le appartiene più. Ha cambiato quattro allenatori in tre anni, qualcuno la paragona al Pd di Prodi-Veltroni-Franceschini-Bersani, anche a Torino sono state necessarie le primarie, interne, per nominare il nuovo «leader di partita». La stessa gestione del caso Ferrara ha ribadito sensazioni e impressioni che già venivano coltivate nellestate-autunno del duemila e sei. Lallenatore napoletano è stato «sentito» sempre come un traghettatore lui stesso, la protesi di Lippi, il badante di una situazione che non lo vedeva comunque protagonista. Alle sue spalle si sono mosse figure che, lentamente ma astutamente, sono state eliminate da Blanc: i cognomi? Tardelli, Montali, Cobolli Gigli. Poi, per sfamare i tifosi nostalgici, è stato dato un posto a Bettega.
Alberto Zaccheroni si ritrova a fare un lavoro sporco, il precariato va di moda anche se con salari diversi e miserabili rispetto a quelli del pallone. La sua è una scelta per disperazione e non per «progetto» come ha volantinato Blanc dalla fondazione dellimpero. Se il sarto Lizzola sarà un tormentone prevedibile, lo saranno anche le paroline acide di Mourinho che, come ha dato solidarietà a Ferrara, così aveva liquidato le opinioni critiche espresse da Zaccheroni sul gioco interista: «Ci sono dei fenomeni che dimenticano un 5 a 1 subìto con lArsenal», riferendosi alleliminazione in coppa dei nerazzurri. Un risultato che sembra un timbro sul passaporto dellallenatore forlivese: fu 5 a 1 anche la mortificante sconfitta laziale nel derby firmato da superMontella. Ma queste sono pillole acide, gli zaccheronologi preferiscono ricordare lintuizione, forzata (lUdinese, restò in dieci per lespulsione di Djeda a Torino contro la Juventus) dello schema con tre difensori o, ancora, il tridente dattacco o lesplosione a Udine di Bierhoff.
Si rovista nel passato alla ricerca del futuro, non può fare diversamente la Juventus che non ha ancora capito qual è il proprio presente al punto che luno e trino Blanc, dopo la sconfitta con lInter a San Siro, ha detto: «Abbiamo fallito il primo obiettivo», sarebbe la coppa Italia ma, parbleu, ha dimenticato leliminazione in champions, roba piccola forse per chi non sa di football ma di sabbie del deserto e palline da tennis.
Con questi interlocutori Zaccheroni dovrà dialogare, con lombra di Lippi, con le pernacchie del popolo bianconero che se lo aveva odiato ai tempi dellUdinese e del Milan, lo ha compatito al tempo del Torino, fino al ventisei gennaio del duemila e sette, il giorno in cui Cairo Urbano lo mise alla porta per far posto a De Biasi.
Alberto Zaccheroni, dunque, da tre anni non allena, non guida una squadra, non prepara una partita. Non è grave. Cè chi sta peggio. Da quarantatré anni Jean Claude Blanc non dirigeva una squadra di football.
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