Medicina

Quattro livelli di intervento per il ginocchio

L’artrosi del ginocchio coinvolge fasce di popolazione sempre più giovani, con attitudini di vita dinamiche che talvolta predispongono alla patologia (come, ad esempio, la pratica intensiva di sport usuranti per le articolazioni). Per questo tipo di pazienti (ma il discorso vale per tutte le fasce di età), è fondamentale che la terapia permetta di conservare il più a lungo possibile l’integrità dell’articolazione e di rimandare gli interventi sostitutivi ai soli casi inevitabili.
«La parola chiave che consente di soddisfare efficacemente questa esigenza è “tempestività”», afferma il dottor Domenico Brocchetta, primario del reparto di Chirurgia protesica del ginocchio e dell’anca del Policlinico di Monza. «Più precocemente si arriva a una diagnosi precisa della malattia, infatti, maggiori saranno le possibilità di applicare la procedura terapeutica meno aggressiva tra quelle oggi disponibili».
Come si sa, una volta instaurata, l’artrosi tende a cronicizzarsi e ad aggravarsi progressivamente: da un semplice rammollimento della cartilagine che riveste l’articolazione, col tempo si passa alla formazione di veri e propri “buchi” del tessuto cartilagineo in zone sempre più ampie. La chirurgia ortopedica propone attualmente soluzioni operative efficaci per almeno 4 livelli di gravità.
«Quando la lesione non supera i 10 cm quadrati, l’intervento di elezione è il trapianto autologo di cartilagine», spiega Brocchetta. «Questa procedura conservativa oggi si è notevolmente evoluta: le cellule del tessuto, prelevato artroscopicamente e coltivato in laboratorio, vengono, infatti, aggregate in microsfere ad elevatissima adesività, il che consente di reimpiantare il tessuto ottenuto nelle aree interessate con estrema facilità, senza bisogno di alcun intervento ulteriore». Quando gli esami diagnostici evidenziano la presenza di lesioni più estese, invece, si deve ricorrere ad un intervento chirurgico di impianto protesico. «Anche in questo caso, tuttavia, è possibile puntare il più possibile sull’aspetto conservativo», osserva lo specialista. «Se ad essere usurato dall’artrosi è uno solo dei due comparti dell’articolazione (la parte esterna o la parte interna), si ricorre ad una protesi mono-comportamentale, detta anche mini-protesi, per le sue dimensioni contenute e per la scarsa quantità di osso che essa costringe a sacrificare. Nel caso in cui entrambi i comparti del ginocchio siano compromessi, ma i legamenti crociati siano sani (come avviene spesso in pazienti relativamente giovani), la soluzione può essere quella di impiantare due miniprotesi». Questo ampio ventaglio di strategie terapeutiche ad invasività graduale consente di salvaguardare al meglio il patrimonio biologico del paziente.

Solo nei casi estremi la filosofia conservativa deve cedere il posto a quella demolitiva, con l’impianto di una protesi totale».

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