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In quattro minuti il derby è laziale

di Elia Pagnoni

Una giornata diversa. Un minuto di silenzio impeccabile, come raramente si vede su un campo italiano, dove anche il raccoglimento diventa occasione per applausi fragorosi, se non di peggio. Tutti abbracciati con un effetto cromatico che dà un grande valore alla circostanza: un giallorosso e un bianconceleste, un giallorosso e un biancoceleste. Il derby al limite della crisi di nervi sembra improvvisamente aver svoltato: Lazio-Roma diventa l’occasione per dire che il calcio ha girato pagina, proprio nella partita più calda dell’anno. In campo e sugli spalti. Sarà il sabato santo, sarà la memoria ancora viva per quello che è successo all’Aquila e che a Roma si è sentito molto bene. La gente che sta in tribuna all’Olimpico è la stessa che lunedì notte si è svegliata di colpo, con il letto che tremava per quello che stava succedendo a un centinaio di chilometri da lì.
Sarà che tutti avevano ancora i brividi addosso e che in certi momenti il pallone era sembrato una cosa tanto piccola, al punto da far sembrare diverso persino il derby che spacca Roma ogni sei mesi. Sembrare diverso, appunto. Perchè basta il fischio d’inizio, bastano tre gol in nove minuti, basta qualche fallo, le solite spinte, qualche parola di troppo, e quella che sembrava una giornata finalmente diversa è già tornata come tutte le altre giornate di campionato. Se non peggio. Il minuto di silenzio, biancocelesti e giallorossi abbracciati, tutto diventa rapidamente un’insipida scenografia. La realtà è quella che si vede dopo, fino al clou di Spalletti e Tare, due signori di una certa età, e con tanto di responsabilità nei rispettivi gruppi, che sfiorano la rissa nell’intervallo e vengono espulsi dall’arbitro Morganti.
Spalletti? Già, lo stesso signore che sabato, con un nobile gesto, ha chiesto un minuto di raccoglimento per le vittime del terremoto prima ai suoi giocatori, poi ai cronisti in sala stampa. E poi si dimentica tutto solo perchè non gli hanno dato un rigore, accusa il signor Morganti di aver sorvolato su un intervento di Lichtsteiner su Baptista identico a quello che aveva punito nel derby di un anno fa per un fallo di Juan su Bianchi... Insomma, pur di trovare un appiglio alla pesante sconfitta, inventa la moviola dell’anno dopo. Come se non ci bastassero quelle che vediamo tutte le sere. Tra Spalletti e Morganti s’infila (chissà perché?) Igli Tare, dirigente della Lazio, con il dito puntato verso il tecnico giallorosso. Partono gli insulti e l’invito a mettere quel dito dove non è il caso di riferire. Insomma, un siparietto elegante con i due espulsi immediatamente.
Ma il derby stonato non finisce lì: vengono cacciati anche Mexes e Matuzalem per reciproci colpi proibiti, poi si scatenano gli ultrà. Gente incappucciata (ma non erano quelli delle processioni della settimana santa) che tira legnate in tribuna e fuori dallo stadio. Solita violenza, solita paura, due arresti, cinque denunce.
E non è solo Roma a distinguersi. A Firenze finisce a botte tra le due squadre al rientro negli spogliatoi, proprio nello stadio dove hanno inventato le cortesie del cosiddetto terzo tempo. Ma questa volta oltre agli applausi volano gli schiaffi. Allegri accusa i viola: qualcuno ha tirato un pugno a Lopez. E la Fiorentina risponde facendo sapere che quelli del Cagliari hanno sfasciato lo spogliatoio. Sembrava una giornata diversa...

Buona Pasqua.

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