Svampiti, stralunati, paradossali e terribilmente cinici: i personaggi del francese Jean-Claude Grumberg appaiono così. Come se fossero tenuti per un filo sui cigli surreali di un linguaggio astruso ma corrosivo, strampalato ma aggressivo, imprevedibile ma assolutamente demistificatorio. Nei suoi lavori Grumberg se la prende infatti con le ipocrisie e le insidie del quotidiano, con le ottusità del potere, con gli scempi della storia, con le costrizioni che ci attanagliano e i preconcetti che ci condizionano.
Ed è un vero peccato che un autore tanto attento agli umori dei tempi e ai vizi umani sia così poco frequentato sulle nostre scene. A parziale rimedio interviene ora una silloge di quattro atti unici messa insieme da Patrick Rossi Gastaldi, anche interprete insieme con Gloria Sapio e Alberto Alemanno, sotto l'emblematico titolo Facciamoci del male. Lavoro in bilico tra commedia e tragedia che fa leva su una recitazione estremamente mimica e su atmosfere espressioniste per restituire un paesaggio umano capace delle più controverse reazioni. Registri delicati e virate acidule ben si alternano infatti all'interno di un disegno narrativo che passa dalla placida ouverture di Giardino pubblico (un prato, margherite di plastica, confessioni erotico-sentimentali in odore di spacconerie daltri tempi) ai diabolici retroscena emotivi del Portalampada (storia di un uomo che fa trasformare la moglie in abat-jour); dalle sferzate ideologico-politiche di Bertani alla note patetiche proprie di Mamma torna, caro orfanello, dove si descrive la regressione all'infanzia di un uomo ricoverato in ospedale nel cui inconscio si agita una figura materna molto amata. A legare i diversi passaggi ci pensa la scrittura stessa di Grumberg: quello sguardo «obliquo» sul mondo che, per certi versi come capita in Ionesco e in Beckett, si trasforma in parola acre e disillusa.
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