Quegli insegnanti distratti in cattedra solo per noia

Prima viene la famiglia e poi la scuola nell’educazione dei giovani. Se accade, come sempre più di frequente, che la scuola debba supplire le carenze educative provenienti dalla famiglia, il disastro è inevitabile, anche se gli insegnanti alcune volte (purtroppo non sempre) ci mettono l’anima per dare il giusto inquadramento disciplinare ai propri studenti. Ma sia chiaro: niente e nessuno sostituisce la famiglia nell’educazione di un ragazzo. Soprattutto decisivi sono i primi tre-quattro anni di vita di un bambino durante i quali si ricevono gli stimoli, le suggestioni, le impostazioni comportamentali che seguiranno tutto il corso della vita.

D’altra parte, si deve anche sottolineare che nessuna riforma scolastica potrà mai raddrizzare comportamenti devianti degli studenti. Una riforma, eventualmente, metterà in luce l’importanza che la scuola assegna all’educazione e al rispetto delle regole di un alunno: e la riforma Gelmini, in questa prospettiva, è stata molto chiara, pretendendo voti in condotta che, se negativi, mettono in discussione il prosieguo dell’iter scolastico. Ma questo giusto segnale non è ovviamente sufficiente a modificare le diverse forme di indisciplina che si manifestano in classe.
Tuttavia la scuola non è esente da colpe nella formazione degli studenti. Essa presenta lacune gigantesche, una in particolare: la selezione e il reclutamento dei professori.

Quando agli inizi degli anni ’70 la Cgil entra nella scuola, fracassa un sistema concorsuale con il quale i laureati entravano nei ruoli docenti. È stato un terremoto disastroso, di cui si continua a pagare un prezzo molto alto, quello della massificazione e dequalificazione della figura dell’insegnante. Su questo argomento non è il caso di insistere: ci porterebbe lungo un cammino malinconico, fatto di tanta demagogia e di tante occasioni perdute. Però, è inutile nascondercelo, ci troviamo a fare i conti con un corpo docente non all’altezza del proprio delicatissimo compito: o meglio, per non fare di tutta l’erba un fascio, alcuni (pochi) insegnanti sono molto bravi, perché preparati e perché svolgono con passione il lavoro. Gli altri, la stragrande maggioranza, entrano nella professione di malavoglia, avrebbero voluto fare un’altra attività e si sentono frustrati e incompresi. In classe non sono in grado di interessare i ragazzi, quindi perdono il controllo della disciplina, e la inespressa parola d’ordine con cui regolano la loro presenza di fronte ai ragazzi e ai loro problemi è: «Ma chi me lo fa fare per quei quattro soldi che prendo».

L’insegnante impreparato e svogliato non ha autorevolezza e diventa lo zimbello dei suoi studenti. E allora può succedere di tutto, come le violenze di cui ci parla la cronaca.
Certo, un professore incapace dovrebbe essere un problema che risolve il preside attraverso i poteri che gli sono delegati, e invece la scuola si trova a dover fronteggiare sia le lacune dei propri docenti, sia le carenze educative delle famiglie degli alunni. Venir fuori da questo corto circuito è solo questione di fortuna. Da sezione a sezione di uno stesso istituto ci possono essere differenze enormi, per cui è spesso un caso capitare in quella giusta: sia per quanto riguarda gli insegnanti sia per quanto riguarda i genitori dei compagni di classe. In particolare i padri che, non riuscendo a tenere l’ordine in casa propria, spesso assenti e tolleranti per opportunismo - troppo faticoso far rispettare le regole ai propri figli vedendoli ogni tanto - credono di poter dare lezione ai professori, criticandoli, censurandoli, obiettando sul loro modo di insegnare.

La mancanza del padre nell’educazione del giovane è il vero dramma della nostra società che, con sistematicità, ha demolito negli ultimi quarant’anni l’importanza della figura paterna, ritenendola retaggio di una cultura arcaica che difende una gerarchia di valori in cui l’autorevolezza del padre è il principio.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica