Quegli italiani da copertina

Oggi faremo un gesto irresponsabile. Tempo fa, il direttore di una importante casa editrice italiana amava andar su e giù per i corridoi dichiarando - con quel cinismo glamour che un po’ di danni a ben guardare li fa - che un libro... «è un bel titolo e una bella copertina! Niente altro! Proprio niente altro! Cosi si vendono i libri!». Ebbene, oggi saremo più irresponsabili di lui, anche se - speriamo - meno cinici e più sognatori. Oggi ci lasceremo incantare addirittura soltanto dalle copertine. Anche perché i titoli, in molti casi, sono proprio incomprensibili.
Alla Braidense, infatti, si aprirà - in concomitanza col 75mo convegno dell’International Federation of Library Associations di questi giorni e fino al 20 ottobre - la mostra «Copy in Italy. Autori italiani nel mondo dal 1945 a oggi», un’esposizione poeticissima, suggestiva, esotica, di 1500 copertine di libri italiani in edizione straniera. Ci saranno anche 180 volumi originali e il bel catalogo edito da Effigie.
Luisa Finocchi - direttore della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori a cui dobbiamo l’organizzazione della mostra, realizzata grazie anche a Regione Lombardia e Fondazione Cariplo - ci racconta com’è nata l’idea e quanto lungo e piacevole è stato mettere insieme un così vasto materiale: «Lavoriamo sulla memoria - ci dice - noi della Fondazione. Salvaguardiamo archivi di editori, di agenti letterari, di autori. Qualche anno fa la Regione Lombardia acquistò il fondo di Giovanni Testori e lo depositò presso la nostra Fondazione affinché fosse catalogato. Insieme ai manoscritti originali, trovammo alcune traduzioni delle opere di Testori. Ci soffermammo sulle edizioni francese, inglese e spagnola del Ponte della Ghisolfa. Ecco, vedere una accanto all’altra quelle copertine ci stimolò una riflessione su come uno stesso libro diventasse, ogni volta, un libro diverso: si impregnasse dello stile Gallimard, per esempio, oppure del modo che la Spagna e l’Inghilterra degli anni Cinquanta avevano di guardare al Belpaese. È in quel pomeriggio di lavoro che possiamo collocare il seme da cui poi è nata questa mostra, la cui realizzazione ha richiesto davvero tanto tempo». Esposizione in cui sono presenti copertine di libri di Bacchelli (molto evocative quelle de Il mulino del Po), di Bassani (il nostalgico Giardino dei Finzi Contini), di Gadda (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, trasfigurato da francesi e tedeschi in due immagini che la dicono lunga sulla percezione intellettuale dell’Italia all’estero), di Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo), ma anche di Geronimo Stilton e Roberto Saviano (quest’ultimo pare assumere, nelle edizioni brasiliana e israeliana, strane suggestioni da film asiatico sulla mafia). Da vedere ancora, come i giapponesi hanno riassunto Marcovaldo di Calvino in una copertina che ricorda inevitabilmente i disegni di Hokusai o Hiroshige, ma più acquerellati, o La voce del violino di Camilleri in un’immagine che pare tratta dal cartone animato Lupin.
«La copertina olandese di Se questo è un uomo di Primo Levi - continua Luisa Finocchi - è molto drammatica. Quelle di Giovannino Guareschi, invece, molto divertenti. Le abbiamo trovate nell’archivio dell’autore così ben custodito dai figli Alberto e Carlotta a Roncole. Erano quasi trecento. C’è anche un altro fondo che ci ha aiutato, quello di Erich Linder, il grande agente che fino al 1983 fu a capo dell’Agenzia letteraria internazionale. Una miniera. È un peccato che in Italia non esista una bibliografia nazionale degli autori tradotti, né un luogo deputato alla conservazione di queste edizioni straniere del “made in Italy” letterario. Ma credo che questo sarà un tema sempre più importante in futuro. Ben quattro università hanno collaborato a questa mostra, che è stata fin da subito pensata come itinerante, magari in tutti o quasi gli Istituti di cultura italiana del mondo».
Un altro tassello dell’esposizione è composto dalle copertine di romanzi italiani tradotti e pubblicati all’estero da editori italiani: è il caso della Europa Editions di Sandro Ferri, che ha sede a New York. Ma ci sono anche le copertine che l’italiano Germano Facetti ha designato per la britannica Penguin nel corso degli anni Sessanta, lasciando un’impronta memorabile sul catalogo. «Ma la cosa forse più poetica - ci dice Luisa Finocchi - è la bacheca che abbiamo allestito con le copertine di Favole al telefono di Gianni Rodari. Chi di noi non le ha lette da piccolo? Ecco, vedere la copertina americana delle Fiabe con una bambina dai capelli rossi che legge, seduta su una poltrona vicino a un telefono, una bambina che per tratti del volto non poteva essere italiana ma che condivideva con noi un momento della nostra infanzia, ecco, questo ci ha fatto capire che tutto il lavoro fatto non è stato inutile. Abbiamo avvicinato due identità distanti».
Anche il catalogo pubblicato da Effigie è uno dei punti forti della mostra. Le copertine antologizzate sono accompagnate da brevi e profondi saggi, dove, per esempio, Paola Dubini racconta delle caratteristiche del «bestseller da esportazione», Gianni Peresson del trend che ha portato dai libri italiani «esportati» all’estero decenni fa (strettamente destinati ai nostri poveri lettori migranti) a quelli di oggi, confezionati anche per lettori del posto.

E ancora: i saggi di Tiziano Scarpa e Melania Mazzucco su come ci si sente a essere tradotti, quello di Giorgio Pinotti dedicato alle traduzioni di Gadda, e quello, doloroso, di Ernesto Ferrero dedicato a Primo Levi. Così, a volte, si può cominciare a sognare e pensare ancora prima di aprire un libro.

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