Quegli scoop-bufala su Sismi e governo

Dal caso «Nigergate» al rapimento di Abu Omar: così sono stati smentiti i detrattori dei Servizi

Gian Marco Chiocci

Cinquantasette, nota che parla: «Il collaboratore del Sismi cercherà di vendere il malloppo anche al Giornale». A pagina 175 de «Il mercato della paura», libro fresco di stampa dei giornalisti di Repubblica, Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, in una minuscola nota si dà una notizia falsa e fuorviante a margine della spy story ribattezzata «Nigergate»: Rocco Martino, lo spione pagato dai francesi che diffuse il falso dossier sui traffici d’uranio fra Niger e Irak, provò a piazzare quella documentazione anche al Giornale.
È solo una delle tante, troppe, ricostruzioni già in precedenza smascherate e adesso riproposte in un libro sulla grancassa dei Servizi «deviati», argomento di gran moda in questi giorni. Incuranti delle smentite sul Nigergate incassate da ogni parte del mondo (Senato americano, Dipartimento di Stato, Cia, Fbi, governo britannico, 007 dell’Mi6, comitati di controllo sui Servizi inglesi ed italiano, oltre a Palazzo Chigi e al Sismi) gli autori del pamphlet tornano ad alimentare i dubbi anche da altre parti sollevati sulla correttezza della nostra intelligence e la trasparenza del suo direttore, Nicolò Pollari.
I riscontri documentali, però, sembrano dar torto agli ossessionati detrattori degli 007. Vediamo perché mettendo in ordine prima l’«accusa» e poi la «difesa».
Caso Nigergate
L’accusa numero 1: il Sismi ha confezionato documenti falsi sul traffico d’uranio fra Niger e Irak per favorire l’intervento militare americano. Per farlo si serve di un suo collaboratore (Rocco Martino) che divulga il dossier attraverso il settimanale di proprietà del presidente del Consiglio.
Secondo la procura di Roma (che ha archiviato il fascicolo) il Sismi, e il governo, sono assolutamente estranei alla vicenda.
Carte alla mano, le ricostruzioni di Repubblica sono state smentite dalle massime istituzioni mondiali interessate. In Italia nessun politico, nessun partito, nessun giornale nemmeno di centrosinistra, ha avallato una sola riga sui traffici di yellowcake pubblicati da Ezio Mauro anche perché ben presto si è scoperto che Rocco Martino non lavorava per il Sismi ma per i Servizi francesi della Dgse.
Bombe atomiche
L’accusa numero 2: il 12 settembre 2005 viene pubblicato un dossier dei Servizi italiani dove si parla di Al Qaida, di un ordigno nucleare in Italia, con riferimenti a Milano e Trieste. Il documento viene però smentito all’Ansa dalla nostra intelligence che fa sapere come si tratti, in realtà, di materiale americano datato nel quale si simula un attentato in territorio Usa. L’indomani Repubblica spara: «Con la consueta prassi furbesca nota a tutti come “lancia il sasso e nascondi la mano” il Servizio segreto nega di aver preparato un rapporto su un possibile attentato nucleare di Al Qaida in Italia». E aggiunge: «Purtroppo per gli anonimi funzionari le rivelazioni sono accurate. Non si parla di Phoenix o Los Angeles, ma di Milano, Trieste e Roma».
I passi salienti del dossier «italiano» di cui parla Repubblica sono invece tratti da un documento americano prodotto dalla «Homeland Security Council» del luglio 2004 sottotitolato «Plaining scenarios» e rintracciabile sul sito web globalsecurity.org.
Non c’è traccia dell’Italia, né di Roma, di Trieste e/o di Milano. In compenso lo scoop viene ripreso da Al-Nasr Al Thaqib, riferimento internet di Al Zarqawi: qui gli islamisti si augurano che la bomba scoppi al più presto.
«Attentato» all’ambasciata
L’accusa numero 3: l’attentato alla nostra ambasciata a Beirut sventato dal Sismi, secondo Repubblica, è una messa in scena. La riprova? I due presunti kamikaze arrestati sono in realtà due poveri cristi che nulla hanno a che fare col terrorismo. Nel libro, però, si scrive l’esatto contrario sui terroristi salvo però prendersela per altri motivi col Sismi: inventando l’attentato in ambasciata ha provato a sottrarsi dall’accusa d’aver dormito in occasione della strage di Nassirya.
In una conferenza stampa il governo libanese e i Servizi di Beirut hanno ringraziato pubblicamente il Sismi «per aver smantellato una pericolosa cellula di Al Qaida» (i componenti del commando sono tuttora in carcere). La Commissione d’inchiesta sull’omicidio dell’ex presidente libanese, Rafiq Hariri, offre ulteriori riscontri all’operazione che si vorrebbe, invece, inventata: secondo l’organismo presieduto da Detlev Mehlis, i «poveri cristi» Ahmad Miqati e Ismail Khatib sono in realtà pericolosissimi esponenti del network terroristico dello sceicco Ahmed Al-Saami, uno dei principali imputati dell’omicidio Hariri. Sono noti frequentatori del campo palestinese Ain Al Hilweh nella valle della Bekaa. Quanto a Nassirya, il Sismi ha esibito alla procura la prova dell’avvertimento lanciato per tempo indicando persino i numeri di targa dei camion-bomba utilizzati nell’attacco.
Sequestri e riscatti
L’accusa numero 5: il governo italiano (e dunque il Sismi) ha pagato per gli ostaggi italiani. Lo scrive Repubblica citando alla lettera un’informativa del Ros alla procura di Roma. Altra smentita. La Farnesina nega sdegnata, per l’ennesima volta, qualsivoglia riferimento al pagamento di riscatti. Il Ros nega di aver mai scritto quanto riportato da Repubblica sul pagamento dei riscatti. Idem fa la procura: «Il pagamento del riscatto non risulta».
Il rapimento di Abu Omar
L’accusa numero 6: il Sismi non può non sapere che c’era un commando della Cia a Milano e non può non sapere che l’imam Abu Omar era stato rapito.
Dunque è connivente, oppure nasconde qualcosa. Il Sismi sapeva bene chi era Abu Omar, l’imam di Milano rapito, anche grazie alle informative dei Servizi inglesi risalenti a quand’era in contatto con il gruppo di Al Zarqawi nel Kurdistan.
Il Sismi lo ha tenuto d’occhio fino a quando non è intervenuta l’autorità giudiziaria e il «noto personaggio» è stato sottoposto ad assiduo controllo da parte della Digos. È stato il Sismi ad avvertire per primo la procura che Abu Omar - secondo un’informazione ricevuta da un importante esponente della comunità islamica - era sparito.
Ed è stato il Sismi a invitare quel personaggio a convincere la moglie dell’imam a presentare formale denuncia di scomparsa alla polizia. Domanda: se il Sismi ha avuto un ruolo nel sequestro di Abu Omar, perché poi si è affrettato a denunciare la scomparsa?
La scuola dei kamikaze
L’accusa numero 8: il Sismi è specializzato nel creare finti allarmi, come quello della scuola di kamikaze a Milano: quando i carabinieri sono andati a verificare la segnalazione, invece di un kamikaze si sono trovati davanti un cocainomane ubriaco.
L’intervento dei carabinieri su delega dei pm di Milano si verifica con 4 mesi di ritardo rispetto all’informativa originaria. Il ritardo è fatale: il personaggio sorpreso in preda ai fumi dell’alcool e della droga non è assolutamente quello indicato. Quanto poi alle critiche sugli allarmi per possibili attentati alla metropolitana di Milano e di Torino le intercettazioni, rese note al Casa (comitato analisi strategica antiterrorismo) hanno lasciato senza parole i presenti. Repubblica prima dà correttamente conto della serietà del pericolo e poi, col cambio di penna, quello stesso pericolo diventa ridicolo.
«Fallimento del Sismi
L’accusa numero 9: da quando c’è Pollari, il Sismi non ne ha imbroccata una giusta. Addirittura la sua struttura è coinvolta nello spionaggio di politici e nel caso Storace. Il Sismi ha il record, fra i Servizi, degli ostaggi in Irak riportati a casa: i tre bodyguard, le due Simone, la Sgrena. Un contributo importante l’ha dato anche per la liberazione di tre giornalisti francesi, alcuni romeni, un cittadino austriaco, uno irlandese, uno americano e uno australiano.

Quanto allo Storace-spy non c’è una prova, e nemmeno un indizio. Va poi detto che se non ci sono stati attentati in Italia un po’ di merito, forse, ce l’hanno anche i nostri bistrattati Servizi, che in caso contrario - statene certi - avrebbero invece tutte le colpe.

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