Cultura e Spettacoli

Quegli spettacolari «scarabocchi» di Mollica

Di Vincenzo Mollica è noto il côté televisivo: cronista puntuale di musica e cinema, confidente privilegiato di Fellini, Benigni e di altri grandi, autore di dettagliati «speciali» sui grandi della canzone. C’è poi una sua attività meno nota, da studioso di fumetti ma anche da disegnatore dalla vena ironica, venata di lirismo. Che ora emerge da Scarabocchi in libera uscita (ed. Di, pagg. 142, euro 19,50), edito a corredo d’una mostra ordinata ad Ascoli Piceno con l’appoggio degli Enti locali e della Regione Marche.
«Disegnare - scrive l’autore - mi fa star bene, mi porta lontano dal mondo: come una merenda fuori programma». Tale è lo spirito di questi disegni, anticipati dal ritratto che di «Vincenzo Paperica» tracciò nell’84, con stile disneyano, Andrea Pazienza, e che apre il saporoso volume. Non mancano omaggi ad alcuni maestri, «imitati» dal giornalista-pittore tra affetto e benevola parodia: il De Chirico delle Muse inquietanti, il Picasso di Les demoiselles d’Avignon e Tamara de Lempicka, evocata con humour impagabile. Poi Roy Lichtenstein, e un assorto Pierrot «che Picasso non ha mai voluto mostrare». E Crepax, Pablo Echaurren, Peynet, Magritte riletto alla Disney, Hugo Pratt celebrato da un «ritratto di Corto Maltese alla maniera di Tamara de Lempicka».
Aleggia una levità sognante e gentile, in questi disegni restii sia alla palude dell’oleografia, sia all’erta spinosa della satira: inclini, semmai, a un’impertinenza adolescente che non ferisce ma allevia, e intenerisce divertendo. Giusto per «garantire una piacevole sopravvivenza», come auspica l’autore riconoscendo, con sovrappiù di autocritica, che «la parola arte non si addice a questi scarabocchi». Sarà, ma intanto che grazia e che capacità di sorriso, nella serie - completata da finte lettere di Marinetti, Picasso, De Chirico, Berenson, Longhi - dedicata a Betty Boop, «diva» dei cartoons anni Trenta, «musa frizzante più che inquietante, elettrizzante più che ammorbante, ammaliante più che petulante», dispensatrice di «malizia, allegria e sbadataggini in quegli anni in cui l’arte sembrava avere una densità che col passare del tempo si è dissolta nell’etere».
E che bell’intreccio di humour e d’affetto, in certe rivisitazioni pittoriche di classici del cinema - Metropolis, Via col vento - e della canzone. Rivivono così il Paolo Conte di Onda su onda e il Buscaglione di Che bambola, Dalla & De Gregori di Ma come fanno i marinai, la Napoli di Tammurriata nera e di ’O sole mio, il Modugno di Vecchio frac, la Josephine Baker di J’ai deux amours, spesso rifatti ad imitazione di fumetti celebri.

Insomma un bellissimo viaggio, pilotato da uno che - nota Francesco De Gregori, postfatore illustre - «riesce a mescolare la storia e il senso dell’arte con la poesia e con l’esercizio, sempre più raro e difficile, dell’ironia e della leggerezza».

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