Arie di musica classica e slogan indipendentisti da una parte. Rumori di cingolati e artiglieria dallaltra. In mezzo solo 50 chilometri. Suoni differenti percorrono le strade di Tskhinvali e Gori. Qui la notte non si dorme per il via vai di carri armati russi. Lì un grande direttore dorchestra, Valery Gergiev, tiene un concerto per le vittime della guerra, mentre manifestanti chiedono lautonomia da Tbilisi. Ai bordi, però, da entrambe le parti, le stesse rovine. Quelle del mini-conflitto caucasico che ha sconvolto le vite di osseti e georgiani. Le due città, simbolo delle «aggressioni» partite da Mosca e Tbilisi, si riprendono lentamente dallincubo. Ma paure, fantasmi e venti di vendetta sono dietro langolo.
A Tskhinvali, capitale della repubblica secessionista dellOssezia del Sud, il 20-30 per cento degli edifici è distrutto. A causare i danni maggiori, lattacco georgiano via aria, sferrato tra il 7 e l8 agosto. La città, in mano a russi e truppe ossete, prova a risollevarsi. Più di 15mila persone, fuggite durante gli scontri, hanno fatto ritorno. Ingegneri russi - racconta Russia Today - lavorano per ricostruire le infrastrutture. Le forniture di acqua sono riprese. Come pure quelle dellelettricità. In queste ore lurgenza più impellente è riparare i vetri delle finestre: tra circa un mese, venti gelidi inizieranno a battere la zona. Ma ci sono anche le scuole: i bambini devono tornare a breve in classe. Il 90 per cento dei sud-osseti ha passaporto russo. Ora guardano a Mosca come ad una polizza sulla vita. «Vogliamo che i soldati rimangano. Potremmo essere attaccati di nuovo». Per i russi il bombardamento di Tskhinvali ha fatto 1.492 morti. Ma questa guerra destate è destinata a non avere un bilancio ufficiale. Cè una famiglia ebrea che si aggira in un paesaggio spettrale. La mamma racconta che nel quartiere ebraico «è difficile trovare anche solo una casa in piedi».
Se gli osseti guardano al futuro, per gli abitanti dei villaggi limitrofi di origine georgiana si materializza lincubo della ritorsione etnica. «Senti lodore acre nellaria? - chiede un uomo che si fa chiamare Umar - Gli squadroni osseti bruciano le abitazioni dei georgiani. I centri di Kurta e Kvemoachabeti si sono già svuotati».
La conoscevano tutti come la città natale di Stalin. Gori ora sarà anche la traccia dellultima violenza decisa da Mosca. Blindati russi sono in forza per le strade. «Si ha limpressione di assistere più a unavanzata che a un ritiro» racconta linviato di Radio Free Europe. Il generale Vyacheslav Borisov, a capo delle forze russe, si fa chiamare il «comandante di Gori» e dice che senza di lui «è solo caos e disordine». La città è ancora vuota. Rimangono in piedi due check point allentrata. Alle otto di sera scatta una sorta di coprifuoco autoimposto: la gente teme rapine e arresti indiscriminati. «Fino a due giorni fa - si lamenta Nunu Chlaidze, un insegnante - ti fermavano ogni due metri per chiederti documenti». Chiusi in casa, la Tv non aiuta a vincere lisolamento: trasmettono solo Rossjaa e ORT TV, canali di Stato russi. A tratti è visibile la Rustavi-2, in georgiano, che lancia comunicazioni per la popolazione. Come quella del vescovo ortodosso di Gori-Samtavisi, che invita i cittadini a mantenere la calma, a non farsi risucchiare dallistinto alla violenza. I negozi hanno riaperto. Vasiko, che fa il camionista, racconta come «in generale i prezzi non sono aumentati dopo la guerra; ma in periferia beni come le sigarette costano molto di più».
Sullo sfondo, a metà tra questa frontiera così dolorosa, cè la storia di Marina Khutsistova.
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