nostro inviato a Catania
Saranno anche una «sparuta minoranza», ma fanno paura. Si muovono in branco, colpiscono e arretrano di scatto, attaccano e scappano per ricomparire divisi dove meno te laspetti. Fanno ricorso ad azioni diversive con la speranza di affondare le lame nella pelle di un poliziotto o di un tifoso dopposta fazione rimasto indietro: è la tecnica del «mordi e fuggi», tipica della guerriglia metropolitana. Tra Palermo e Catania, di teppisti doc le informative della Digos e dei carabinieri ne contano 5-6mila, di qua e di là. Sono esperti, organizzati, sempre travisati da sciarpe o passamontagna. Armati di coltelli, pugnidiferro, cinghie. Lanciano sassi, mattoni, bastoni, spranghe, transenne. Nel corpo a corpo prediligono le bombe carta, i fumogeni, razzi da diporto. La radiografia che la Sezione Stadi dellAntiterrorismo fa delle parti più radicali delle due tifoserie isolane dà lidea del perché cè scappato il morto. In precedenza avevano attaccato la questura con bottiglie e pietre; il 23 settembre attirato in unimboscata un poliziotto in Curva Nord fingendo il malore di un ultrà; nel match con lUdinese a un collega di Raciti si è incastrata una bomba carta tra il collo e la protezione del casco.
Il monitoraggio sui gruppi rosanero dalle più agguerrite denominazioni punta sui «Warriors», considerati di destra. Presto le denunce coinvolgono esponenti di tutte le sigle palermitane: Ultras Curva Nord, Brigate Rosanero, Borgo Vecchio Sisma, Boys Zen, Vecchia Guardia, Supporters Figliuzza, Montalbò, Wup. La controparte catanese è invece marcatamente «nera». Le tifoserie etnee citate nei rapporti di polizia vedono in cima alla lista i Sostenitori, gli Irriducibili-Ira, quindi lAnr (nata dalla scissione dei Boys Resca, Regime, Etnei al seguito). Ci sono poi i Drunks, Nord Kaos, Stile Etneo, Pazzi, Ultras Ghetto, Feroci e Rebels.Per arrivare allescalation dei giorni nostri, la polizia ripercorre la crescita di chi si fa valere sul campo di battaglia. Il primo, vero, segnale dellodio fra le opposte fazioni è la molotov lanciata nellhotel di Pedara, sotto lEtna, dove il Palermo alberga in ritiro a metà degli anni novanta. Nel 99, reduci da tafferugli in Coppa Italia, nel derby di C1, gli ultras del Catania seminano il panico in un bus pubblico. Botte da orbi anche nella doppia stracittadina del 2001, poi i rossoazzurri se la prendono con gli odiati «cugini» del Messina. Prima dellincontro-scontro viene distribuita una fanzine dal titolo conciliatorio: «Uccidiamoli!». Una copia ciclostilata spunta a casa dell«irriducibile» arrestato e poi prosciolto per la morte del tifoso messinese Nino Currò, colpito al viso da una bomba carta identica a quella che ha ucciso lispettore Filippo Raciti.
Il capitolo dedicato agli ultras del Palermo (oltre 650 nominativi segnalati) fa riferimenti a pestaggi, gemellaggi e a contatti con la criminalità organizzata. Molti dei diffidati hanno precedenti specifici: si va dallultrà Antonino Spataro, figlio del boss della Kalsa, al cognato del capomafia Cosimo Vernengo (ergastolo per via DAmelio) ispiratore con la famiglia di Brancaccio dello striscione sullabolizione del «41 bis», il carcere duro per i mafiosi.
I teppisti rosanero arrivano a minacciare chiunque, dai giornalisti ai giocatori: nel giugno del 2001 interrompono gli allenamenti, il centravanti Pippo Maniero commenta terrorizzato: «Mai visto una cosa del genere». Nel dossier si sottolinea una data: 18 ottobre 2003, assalto ai tifosi del Venezia. Nemmeno una settimana dopo e cinque ultrà vengono denunciati per il match con il Brescia, il 9 novembre la guerriglia nel derby produce auto e cassonetti in fiamme, 8 supporter arrestati, 2 agenti e un barelliere della Croce rossa feriti. Si prendono di mira pullman, treni e navi per le trasferte: distruggono le carrozze dellIntercity il 18 settembre 2004; bloccano la nave per Napoli perché volevano imbarcarsi senza biglietto; saccheggiano il bar sul traghetto di Civitavecchia. Tanta è la tensione, che un vigile urbano sarà costretto a sparare in aria in occasione degli incidenti in unaltra partita calda, Brescia-Palermo. Rivolto al presidente Zamparini, e in polemica col decreto Pisanu, Sesto Terrazzini, anima dei Warriors, il 2 maggio 2005 se ne esce così: «Il calcio non è un evento sportivo, ma una battaglia fra due fazioni che si scontrano. La repressione è inutile, abbiamo il pieno controllo delle curve. Quando non succede nulla è perché siamo noi che lo vogliamo». Nella partita con la squadra di Mosca, il bis impunito: «Pisanu uomo di merda».
Anno nuovo, vecchie abitudini: nel match Italia-Slovenia al grido «Tito Boia» si sfiora la morte sugli spalti, idem a Reggina con 27 poliziotti «ammaccati», per non dire dei tre arresti a Cagliari o dei quindici per rapina su un treno diretto a Genova. Il 21 settembre 2006 lennesimo derby col Catania riempie gli ospedali: 30 feriti, il vicequestore ha la testa aperta in due. Paura e lacrime anche per Cagliari-Palermo, a cui seguono arresti. Tempo dieci giorni e il calciatore rosanero Amauri segna, esulta e mostra la maglia della salute, sotto cè scritto «Ultras liberi».
Il capitolo supporter Catania ha altrettanti episodi agghiaccianti legati a un comun denominatore: le bombe carta, lanciate con serialità, fatte entrare allo stadio addosso ai più piccoli o alle ragazze mai perquisite. Del giovane messinese Currò si è già detto, ma con le medesime modalità, al fresco, il 15 gennaio scorso ci finiscono altri due catanesi «bombaroli». Anche i giocatori, si legge nel dossier, rischiano grosso con gli ultras etnei: il centrocampista Umberto Marino, aggredito in allenamento, cambia squadra terrorizzato nel gennaio 2001, stesso mese in cui un teppista catanese aggredisce alle spalle il portiere della Viterbese, Di Bitonto. Il 21 dicembre 2002 toccherà a Lulù Oliveira esser picchiato a sangue dai suoi tifosi senza, apparente, motivo.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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