Gian Marco Chiocci - Luca Rocca
L’università della ’ndrangheta. L’inchiesta sulla compravendita di esami nell’ateneo Magna Grecia di Catanzaro, che ha preso il via nel 2007 e che vede indagate 97 persone tra allievi, funzionari e professori, oltre a scoperchiare il meccanismo della laurea «facile» sta facendo emergere la presunta «corsia preferenziale» concessa ad alcuni pezzi grossi della criminalità organizzata calabrese. Nel procedimento dei pubblici ministeri Curcio e Petrolo spunta infatti il nome di Nicola Marando, detto «Capobastone», arrestato nell’operazione «Stupor Mundi» che portò al sequestro di 267 chili di cocaina. Tre anni prima di finire in galera Marando si era laureato in Giurisprudenza in appena due anni, sostenendo tutti e venti gli esami tra il 28 gennaio del 2002 e il 21 gennaio del 2004. Nell’ultimo giorno riuscì a superare sia diritto penale che procedura penale: un genio dei codici. Secondo i pm, il laureato Marando, la cui stirpe mafiosa è nota alle cronache ben oltre i confini nazionali, s’è portato a casa l’attestato corrompendo con 60mila euro Francesco Marcello, responsabile della segreteria didattica dell’ateneo, figura cardine dell’intera indagine poiché - sempre a detta dell’accusa - tirava fuori «falsi verbali degli esami (e false veline di colore giallo a ricalco dei verbali d’esame in originale)» per promuovere i presunti corruttori.
A tentare di laurearsi con lo stesso metodo e la medesima rapidità, senza riuscirci, c’ha provato anche l’indagato Salvatore Cordì, figlio di Antonio «’u ragiuneri», defunto capocosca dell’omonima ’ndrina, coinvolto nell’inchieste «Primavera» e «Shark». Duemila euro a disposizione del solito responsabile di segreteria, ipotizzano gli inquirenti, per superare brillantemente quattro esami in una botta sola tra il luglio 2004 e il febbraio 2006: istituzioni di diritto romano, diritto commerciale, procedura penale e diritto amministrativo. Purtroppo per il rampollo dei Cordì l’inchiesta Magna Grecia s’è messa di traverso sul più bello così che l’impegno e gli «studi» del boss laureando si sono rivelati vani. L’inchiesta dei pm catanzaresi, che nei giorni scorsi ha portato alla revoca cautelativa di una decina di lauree in giurisprudenza, colpisce anche alcuni avvocati che, sulla base di titoli di studio che si presume siano stati comprati, hanno già avviato la loro carriera forense. Fra questi ce n’è uno particolare che assiste un importante testimone al processo sull’omicidio di Meredith Kercher. Nelle 160 pagine di avviso di conclusione delle indagini notificate agli indagati si parla di un vero e proprio tariffario per ogni esame taroccato: dai 300 ai 500 euro, con studenti che avrebbero «acquistato» l’intero pacchetto di laurea (in un paio di casi su 30 esami c’è chi ne ha «acquistati» 25) o singoli esami per i quali, stando al quotidiano locale Calabria Ora, in precedenza, erano stati sempre respinti.
Al binomio boss-università a volte si accosta anche la politica. Come’è accaduto per l’inchiesta della Dda di Reggio Calabria sui presunti condizionamenti che la cosca «Pelle» di San Luca esercitava sulla facoltà di Architettura dell’università Mediterranea dello Stretto. Antonio Pelle, studente «modello» solo grazie all’influenza esercitata dalla sua famiglia, poco prima di essere arrestato aveva infatti un ruolo di primo piano nelle elezioni universitarie.
Si era dato da fare per creare una propria lista, «La Fenice» (poi esclusa dal voto) il cui presentatore ufficiale era l’allora segretario giovanile del Partito democratico della provincia di Reggio Calabria, Pasquale Massimiliano Tramontana, almeno fino al commissariamento dei giovani Pd avvenuto in seguito allo scoppio dello scottante scandalo. Con lista della «Fenice» del boss Pelle era candidato anche Vincenzo Primerano, dell’Udc, vicinissimo al consigliere regionale Pasquale Tripodi, espulso dai centristi pochissime settimane fa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.