Quei coccodrilli bipartisan che ora piangono sui cantieri

Quei coccodrilli bipartisan che ora piangono sui cantieri

(...) Rizzo dei Comunisti-Sinistra Popolare, dalla Federazione della Sinistra alla Destra di Storace, dai finiani all’Udc, dicono tutti la stessa cosa: no al piano di Fincantieri, senza se e senza ma.
Anch’io penso che il piano dell’azienda sia eccessivo. Che la drastica chiusura di due cantieri, il ridimensionamento netto di un altro e più di duemila posti di lavoro in ballo, siano un enormità. Ma penso anche che l’azienda abbia sparato alto, per poi trattare - soprattutto sapendo di trovarsi di fronte a una parte del sindacato chiusa ad ogni proposta - e ovviamente scendere.
Poi, però, penso pure che le scelte drammatiche di questi giorni sono figlie non della cattiveria di Giuseppe Bono - che resta un manager con i controfiocchi ed i controqualcosaltro - ma di alcuni errori passati. E di una linea folle sposata acriticamente dalla sinistra e, talvolta, pure da una parte della destra. Dalla mancata quotazione in Borsa, che oggi ci avrebbe regalato una Fincantieri con altri numeri e altra forza finanziaria, fino al mancato appoggio all’amministratore delegato sulla lotta all’assenteismo e per aumentare la produttività nei cantieri.
Bono è stato Marchionne prima di Marchionne. Ma, incredibilmente, non c’è stato uno che gli dicesse: «Bravo, hai ragione, ti supportiamo, siamo con te, ti aiutiamo». Anzi, l’hanno preso in giro e le istituzioni liguri sono entrate in fabbrica per dire che il premio di risultato andava pagato anche se il risultato non era stato raggiunto.
Questo è il quadro. Quello in cui Marta Vincenzi, quando si ipotizzarono le carceri galleggianti per dar lavoro ai cantieri, si indignò e urlò ad Alcatraz. Quello in cui una parte del Pdl del Tigullio, in nome del presunto appoggio della Fiom alle sue battaglie, si oppose (all’unisono con il Pd, Rifondazione e l’Udc, peraltro) alla chiusura di Riva Trigoso. Anche se a Riva i fondali non sono sufficientemente profondi e occorre produrre dei pezzi per poi portarli ai cantieri spezzini del Muggiano su camion o via mare. E, proprio per non farci mancare nulla, sul tema anche la Lega ha investito la sua dose di demagogia; quanto basta, come nelle ricette. Insomma, finalmente, tutta la politica è stata d’accordo su qualcosa.
A questo punto, provo a fare una domanda, che a me pare di puro buon senso: ma c’è qualcuno davvero convinto che a Riva Trigoso sia meglio un cantiere navale piuttosto che attività turistiche? C’è qualcuno davvero convinto che i cantieri vuoti diano più lavoro del turismo di classe?
Possibile che la sciagurata esperienza della gestione del caso Ilva a Genova, con una quantità spropositata di aree cedute alla siderurgia in cambio della garanzia di pochi posti di lavoro, non abbia insegnato nulla?
Possibile che non si pianga di fronte a una scelta di questo tipo, abbinata a quella che ha costretto un imprenditore del calibro di Vittorio Malacalza - quanto c’è di meglio finanziariamente, imprenditorialmente e soprattutto umanamente in Italia, prima ancora che a Genova - ad aprire i nuovi impianti di Asg alla Spezia. E non a Genova. E i superconduttori malacalziani sono l’esempio perfetto di un nuovo tipo di industria, proiettato sul futuro anzichè sul passato.
Perchè ostinarsi nella difesa di attività industriali di un modello fordista e novecentesco, che non può più avere ragione di essere?
In questo quadro, ovviamente, condanniamo ogni violenza, di qualsiasi colore. E stiamo a vedere come Bono darà seguito alla sua frase di ieri sera: «La situazione del mercato è tale che solo un piano duro, ma coraggioso, può assicurare un futuro alla nostra impresa e confermarle la leadership che da anni le viene riconosciuta. Il Piano non mira al ridimensionamento dell’azienda, sebbene evidenzi molti esuberi. Mira piuttosto alla salvezza dell’azienda e con essa al preservare gli uomini e le donne che vi lavorano».
Mica finita. È di ieri l’ufficializzazione della volontà di Claudio Burlando di bussare alle porte di Aponte e di Msc per far arrivare alcune delle navi da crociera del gruppo napoletano nei cantieri liguri. E potrebbe essere una buona iniziativa, foriera di sviluppi positivi. Magari fa solo ammuina, ma almeno la fa.
Quello che non si può dimenticare, però, è che, fino a pochi giorni fa, Marta Vincenzi e il suo ministro dell’Economia Mario Margini si opponevano invece anche alla sola idea che a Sestri potessero convivere riparazioni navali e cantieri, dicendo che nelle aree di Fincantieri potevano essere costruite solo navi.

E se nessuno ordinava le navi? Niente: per Marta e Mario, comunque lì bisognava costruirle. O, quantomeno, stare in perfetto assetto da costruzione.
Come in una Fortezza Bastiani sestrese nel Deserto, se non dei Tartari, delle commesse.

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