da Roma
«Stiamo realizzando il federalismo fiscale perché stiamo trattando, trattiamo con i ministri del governo ombra». Umberto Bossi, segretario federale della Lega Nord e ministro per le Riforme, ha scelto Pontida per ufficializzare lapertura del Carroccio al Pd in materia di federalismo.
Le ragioni che hanno spinto il Senatur alla mossa a sorpresa sono due. La prima è quella esposta pubblicamente. «Bisogna trattare un pomeriggio intero se no finisce come con la devoluzione che poi ce la bocciarono», ha spiegato. La seconda è più politica: la Lega è pronta a rinunciare a mettere lei sola il proprio sigillo su una grande riforma pur di ottenere unampia maggioranza. Le modifiche costituzionali necessitano di unapprovazione a maggioranza qualificata dei due terzi di entrambi i rami del Parlamento. Lok a maggioranza semplice materializzerebbe lo spettro del referendum e di un esito simile a quello del 2006.
Anche da questa esigenza è nata la scelta bossiana. Ma chi conduce le trattative? Con il governo Prodi aveva sempre interloquito Roberto Maroni, che adesso ha il suo bel da fare al Viminale. È rimasto Roberto Calderoli nella duplice veste di ministro della Semplificazione e coordinatore delle segreterie della Lega. Gli alter ego leghisti li ha in parte svelati lo stesso Bossi: uno è il suo omologo-ombra Sergio Chiamparino. Il sindaco di Torino è titolare delle Riforme nello shadow cabinet ed è sempre stato aperto alla discussione sul federalismo. Laltro è Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, fautore di una «decostruzione» del centralismo romano. Con entrambi, i contatti sono in corso da alcune settimane.
La base di partenza, poi, non è delle peggiori.
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