Proprio come le rotonde, i dossi sono sempre più di moda sulle nostre strade. Ma due incidenti e una sentenza innovativa hanno portato alla ribalta la pericolosità dei «rallentatori»: il tribunale di Verona ha condannato tre funzionari del Comune per l’installazione non corretta di un dosso via Pestrino. Su quella «barriera» non a norma si sono infranti in due incidenti, nel 2005 e nel 2007, altrettanti motociclisti. E ci hanno rimesso la vita.
Soprattutto se, esattamente come le rotonde, sono spesso realizzati e posizionati a caso, senza rispettare le indicazioni del Codice della Strada e le direttive del Ministero dei Lavori Pubblici. Altezze e lunghezze irregolari, materiali inadeguati, mancanza di segnalazioni adeguate e posizionamento in zone pericolose sono le anomalie più gravi, che si sommano a un lungo elenco di scelte all'insegna della superficialità da parte di alcune amministrazioni locali, messe in evidenza dal recente convegno «Auto@Ambiente - Vere bugie e false verità». Se da una parte è comprensibile la necessità di ridurre la velocità dei veicoli in transito in determinate aree per favorire la sicurezza dei pedoni che devono attraversare, dall'altra non bisogna perdere di vista l'incolumità di chi circola su strada, in particolar su due ruote.
Il Codice stabilisce infatti una serie di caratteristiche, in particolare forme e dimensioni che variano in funzione dei limiti imposti.
Per velocità pari o inferiori a 50 km/h, la larghezza non deve essere inferiore a 60 cm e l'altezza non superare i 3 cm; gli ingombri passano a 90 e 5 cm per velocità fino a 40 km/h, e a 120 e 7 cm se l'andatura non deve superare i 30 km/h.
Inoltre i dossi artificiali possono essere posizionati solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, comunque in zone con viabilità limitata. E il loro impiego è vietato su strade che costituiscono itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati per servizi di soccorso o di pronto intervento. Tuttavia in molti casi, troppi visti i risultati, gli enti locali non rispettano le regole, che prescrivono tra l'altro la presenza di una segnaletica dedicata. Si tratta di un malcostume che si associa alla caccia selvaggia alle infrazioni per fare cassa. Solo che in questo caso le conseguenze sono ben più pesanti per chi cade nelle vere e proprie trappole.
Una voce contro la diffusione selvaggia e incontrollata dei dossi rallentatori si sta alzando nel Veneto, dove il consigliere provinciale di Padova Carlo Emanuele Pepe, presidente della Commissione Lavori Pubblici, intende presentare una mozione mirata a riportare al completo rispetto della legge.
«Sono preoccupato dal fatto che a Padova ci si mobiliti per impedire l'accesso ai Suv - sostiene Pepe - e non ci si preoccupi del fatto che alcuni dossi hanno altezze di oltre 18 centimetri, e vanno quindi ben oltre le tolleranze. Sarebbe più importante cercare di educare a guidare meglio, e salvare di conseguenza qualche vita, visto che certe strutture sono un vero pericolo per chi le affronta in sella a uno scooter o a una moto sportiva».
Dal Veneto parte quindi una nuova campagna destinata ad allargarsi su scala nazionale. Sempre da questa regione è infatti partito un rapporto al Ministero competente, mirato a ottenere il medesimo risultato, partendo da considerazioni differenti.
Il consigliere regionale Raffaele Zanon ha infatti denunciato la pericolosità di questi sistemi, definiti senza mezzi termini «barriere» che ostacolano la percorrenza ai veicoli di soccorso, in particolare alle unità spinali, che trasportano persone che hanno subito lesioni alla colonna vertebrale.Dall'esposto alla Procura all’interrogazione in Regione, il tema è arrivato a Roma, e a breve si attende una presa di posizione. Obiettivo: una revisione su scala nazionale.
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