A distanza di poche ore luno dallaltro sono morti due famosi registi: Bergman e Antonioni. A entrambi è stato attribuito laggettivo «grande» e la qualifica di «maestro». In proposito, vorrei porle una domanda, non prettamente «cinematografica», altrimenti mi sarei rivolto al bravissimo Bertarelli, bensì «politica», che è questa: assodato che Bergman fu davvero un «Maestro» con la maiuscola, quanto ha inciso nellattribuzione dello stesso titolo ad Antonioni la sua appartenenza politica? In altre parole, se non fosse stato di sinistra, chi lavrebbe mai chiamato maestro e/o definito grande? E, più in generale, quanto conta nella valutazione di cantanti, attori, registi, scrittori, giornalisti, eccetera, il buttarsi (o lessersi buttati) dalla parte giusta, ovvero quella mancina? Glielo chiedo perché noto che, al di là di qualsiasi pregio artistico, personaggi come Sabrina Ferilli, Daniele Silvestri e Antonio Tabucchi vengono esaltati, manco fossero la Magnani, Sinatra e Steinbeck, proprio perché si dichiarano, ogni tre per due,«de sinistra». Insomma, pace ad Antonioni (i cui film non mi sono mai piaciuti, forse perché da buon «destro», e quindi becero, rozzo e ignorante non li ho capiti) e tante scuse per essermi servito del suo nome al fine di denunciare uno dei tanti «luogocomunisti». Da amante della satira muoio dal ridere quando penso che proprio i propugnatori delluguaglianza tra gli uomini, millantano poi la loro superiorità antropologica. Quando mai?
Che Antonioni sia assurto al magistero per meriti ideologici è un fatto, caro Seminara. Da quel punto di vista la sinistra è di bocca buona: basta che una «giovine promessa» si dichiari «de sinistra» e continui tronfiamente a farlo nel corso della fase numero due della nota sequenza codificata da Alberto Arbasino e si ritrova candidato alla dignità di «venerato maestro». I viventi da lei citati, per dire, sono ancora - e massime Antonio Tabucchi - in pieno secondo stadio (capisco che il lettore ignaro del Codice Arbasino abbia qualche difficoltà a capire. Ma lespressione che definisce la seconda fase, «il solito...», comprende una mala parola. Molto in uso, daccordo, ma pur sempre mala. Chi volesse saperne di più legga il bel libro di Edmondo Berselli titolato, giustappunto, Venerati maestri). Ho solo forti dubbi su Sabrina Ferilli. Sebbene manifesti ogni due per tre la propria militanza «de sinistra», difficile che superi la fase intermedia. Sarà lennesima discriminazione ai danni del gentil sesso, ma «maestra» e più che mai «venerata maestra» suona male, suona canzonatorio.
Per tornare ai cari estinti, deve sapere caro Seminara che dopo aver letto e sentito in tivvù i panegirici tessuti alla memoria di Bergman e Antonioni, sono caduto vittima della sindrome di Fantozzi. Il Fantozzi della scena del cineclub. Del «segue dibattito». Insomma, della Corazzata Potiemkin. Lantonionica alienazione! Ma dico, se la ricorda lantonionica alienazione? Maestri. Sì, ma della noia, una noia intellettualoide e quindi una noia più noiosa della noia mortale. Giudizio personalissimo, va da sé, ma se il cinema è, come si dice, una forma darte mi dica lei quando mai larte ha tediato. Ha mai sentito esclamare, davanti alla Ronda di notte di Rembrandt, «Uffa che noia!»? Comunque sia, pace allanima dei venerati maestri.
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