Marcello Zacché
da Milano
«La scalata - scrive Salvatore Bragantini nel suo Capitalismo allitaliana, - non è una cattiveria perpetrata da finanzieri americani col cappello a cilindro e le dita artigliate, ma uno degli ingredienti basilari di un mercato aperto ed efficiente». Chissà se lopinione dellex commissario Consob, nonché uno tra i più quotati editorialisti economici del Corriere della Sera, è condivisa dai grandi azionisti della società editrice del quotidiano milanese. Quelli che hanno blindato il loro patto di sindacato proprio in funzione anti-scalata, con il codicillo «anti Opa».
La risposta, che appare scontata, di certo rende onore al totem dellindipendenza del Corriere. Tuttavia è stato ieri ben difficile trovare reazioni positive tra giuristi, esperti in materia, banchieri. «Il pasticcio del codicillo», è la definizione usata da uno di questi ultimi, chiedendo di non essere nominato. «È un segnale, ma ho i miei dubbi che possa avere validità giuridica», ha commentato uno dei maggiori avvocati daffari in circolazione.
Nessuno ha comunque voglia di esporsi più di tanto. E il motivo è semplice: difficile che i big del settore, che in Italia sono pochi, non abbiano poco o punto a che vedere con almeno uno dei 15 azionisti del patto di Rcs. A cominciare da Banca Intesa e dal suo presidente Gianni Bazoli, indicato come il principale ideatore della formula anti Opa. Ma anche con Mediobanca, le Generali, Tronchetti o Romiti, tanto per citare persone o gruppi con i quali nessun avvocato o advisor ha di certo intenzione di tagliare i ponti. Ma qualcosa trapela.
Da un punto di vista tecnico ci si chiede come è possibile rispettare il codicillo nel caso particolare di Rcs. Si possono fare tanti esempi. Uno di questi riguarda il primo azionista del patto, Mediobanca, che detiene oltre il 14% del capitale. La banca daffari non può per statuto detenere oltre il 15% nel capitale di una società. Quindi, se un socio rilevante (poniamo la Fiat, che ha il 10,3%) decidesse di cedere le azioni al prezzo dellOpa, Mediobanca non potrebbe acquistarle pro quota (le spetterebbe il 2,8% e sforerebbe il limite statutario). E più in generale, come potrebbero le società quotate in Borsa spiegare ai loro soci non solo di non aver aderito allOpa, ma per di più di aver acquisito altre azioni allo stesso prezzo?
Da un punto di vista giuridico è molto discutibile una norma che, a parte la tutela del mercato, sembra comunque puntare alla difesa dei diritti di una categoria di soci (quelli di controllo) ai danni di quelli di un altro socio, quello che lancia lofferta.
Cè infine una considerazione «politica» che ha trovato un certo seguito. Secondo la quale la blindatura del patto sarebbe un forte segnale di debolezza.
Con buona pace della contendibilità.
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