Quei "monti" sotto il Po che si spostano e fanno tremare l’Italia

Gli esperti: nuove scosse. Il sisma è diverso da quello dell’Aquila, ma qui i palazzi hanno tenuto: "La Casa dello studente era destinata a cedere"

«Il terremoto non è un cronografo svizzero, cinque minuti, due mesi o un’eternità sono la stessa cosa. Non vorrei sbagliarmi, ma una scossa simile da quelle parti fu registrata sette secoli fa». Il professor Giovanni Gregori del Cnr, uno dei membri del celebre centro per la previsione di eventi sismici e vulcanici Ievpc, prova a smorzare le comprensibili frenesie di chi vorrebbe spiegare e archiviare quest’ultimo terremoto. Gregori annuncia per oggi probabili scosse di assestamento per dissipare l’energia accumulata. Ma il peggio dovrebbe essere passato.
La terra trema, 3000 sfollati, tendopoli, e uno pensa subito ai giorni dell’Aquila. La scossa di magnitudo 6 è stata forte quasi quanto quella che il 6 aprile 2009 distrusse il capoluogo abruzzese. Ma il raffronto tra i due sismi sarebbe complicato, oltreché ingeneroso. «Sono confrontabili, ma due terremoti identici non esistono - chiarisce il professore -. In Abruzzo contò il sottosuolo fragile e la casistica delle troppe persone presenti in quelle case in quel preciso momento. Inoltre, a fare la differenza è il fatto che all’Aquila ci fossero ben 70mila abitanti sopra la faglia. Detto questo, la Casa dello Studente era minata e sarebbe crollata comunque in un breve lasso di tempo».
Tecnicamente, in questo caso gli esperti parlano di un terremoto «molto superficiale avvenuto nei primi 10 chilometri della crosta terrestre». L’effetto è stato forte, soprattutto su edifici e abitazioni. Ma, come detto, non si possono fare previsioni. «Sono terremoti legati a strutture dell’Appennino sepolte sotto la Pianura Padana - fa sapere il sismologo Alessandro Amato dell’Ingv -. Estremità attive che in questo caso spingono, generando terremoti. Comunque, la sequenza sismica di Modena-Ferrara ha interessato un’area a pericolosità medio-bassa. Una sequenza sismica già protagonista di terremoti rilevanti nei mesi passati. In particolare, lo scorso gennaio la zona appenninica di Reggio Emilia e Parma era stata colpita da scosse di magnitudo 4,9 e 5,4, a distanza di pochi giorni. I due terremoti di gennaio, sebbene avvenuti a profondità molto diverse (30 e 60 km rispetto ai 6-8 di quelli di ieri), sono anch’essi legati ai movimenti della stessa «microplacca adriatica», che negli ultimi mesi ha avuto un’attività piuttosto intensa.
Nascosta sotto i sedimenti del Po esiste una parte di Appennino più che mai attiva, al punto che nell’arco di 500 anni ha provocato due terribili terremoti: quello di ieri e quello, molto probabilmente altrettanto violento, del 1570, che sulla base delle testimonianze storiche è stato classificato come un sisma dell’ottavo grado della scala Mercalli. Le sue tracce sono rimaste nei muri deformati di alcuni edifici del centro storico di Ferrara. A provocare entrambi i terremoti è stata l’estremità settentrionale dell’Appennino, «sepolta» sotto la Pianura Padana. I suoi movimenti saranno seguiti molto da vicino dagli strumenti che l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha installato in seguito alla scossa più violenta, avvenuta alle 4,03 di ieri.
Un altro terremoto importante nel cuore della zona colpita ieri, vicino Finale Emilia, è avvenuto nel 1639. «A generarli, il movimento dell’Appennino che migra verso Nord-est - ha spiegato ancora Amato -. È come se, spingendo il bordo di un tappeto, si creassero piccole onde». Se questo movimento generale interessa il tratto di Appennino compreso tra Firenze e Bologna, nella piccola area del ferrarese si aggiunge un sollevamento ulteriore, anche se su una scala di una decina di metri, decisamente inferiore a quella del resto dell’Appennino. «È una piccola catena montuosa che si estende sotto la Pianura Padana», ha osservato il sismologo Gianluca Valensise.

Il risultato è quello che i sismologi chiamano «arco di Ferrara» e che nelle ultime ore è stato letteralmente «disegnato» dalla distribuzione delle repliche che si sono succedute dopo la scossa di magnitudo 5,9. Repliche che sono state oltre un centinaio. In alcuni casi le repliche sono state forti, come quella di magnitudo 5,1. La speranza è che non si ripeta quanto accadde nel 1570, quando la sequenza sismica durò 4 anni.

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