Arturo Gismondi
Giuliano da Empoli, nella sua indagine settimanale per Il Riformista, dedicata di frequente alla umanità di sinistra, fa una scoperta che reputa sensazionale. E che sensazionale propriamente non è, lo è invece per lo spicchio di opinione della quale si parla, e alla quale Giuliano da Empoli rivolge la sua attenzione. Sostiene, lautore, che i sessantottini veraci, quelli che compirono il loro percorso scolastico ai tempi del «18 garantito», e la loro educazione politica «sul campo a colpi di bottiglie molotov», cominciano ad avere qualche soddisfazione dai loro figli, gli attuali ventenni, che a differenza dei primogeniti, un po confusi nelle nebbie del moderatismo oltre a tutto berlusconiano, mostrano di avere ben valutato, e di condividere, le idee dei padri, le loro inclinazioni, le scelte politiche. E quel che resta come residuo delle idee travolte dal collasso del comunismo europeo fra gli anni 80 e 90.
L'articolo di Giuliano da Empoli non è un saggio scientifico, è un percorso divertito, e però lucido, fra le idee della attuale generazione di sinistra che coltiva immutate le epopee del 68 e dei decenni successivi. Da Empoli non condivide i miti del tempo, tantomeno gli strascichi odierni. Nota, comunque, che il modo di viverla, quella identità, è diversa nei giovani doggi. Alla politicizzazione comunque attiva del passato i giovani di oggi ne hanno sostituita una in negativo. Che al di là delle forme e del linguaggio punta a conservare, che esercita il suo potere, di manifestare, di esprimersi, di votare, «molto più attraverso il veto che non in forma di proposte alternative». Assieme ai luoghi comuni pacifisti, o buonisti, a un terzomondismo sempre più sbiadito, cè al fondo della ideologia dominante nelle nuove generazioni di sinistra una tendenza al quieta non movere. Che spinge a simpatizzare per il no-global che scende in campo, in fondo, perché tutto resti comè, e di conseguenza scende in campo contro la Tav, contro il Mose, contro le riforme che non possono essere se non peggiorative. Ladesione alla sinistra alternativa finisce per diventare il carattere distintivo e identitario di chi ritiene, in tal modo, di far parte di quella umanità speciale, e migliore, che è la sinistra allorché si mira allo specchio. Che stenta persino a rendersi conto che il potere ha cambiato di mano. Succede così che il nostro ventenne engagé immaginario anziché costituire un elemento eversivo rispetto al clima di generalizzato e impaurito pessimismo che blocca lo sviluppo della nostra società contribuisce alla generale immobilità aggrappandosi a idee rassicuranti perché giudicate, a torto, progressiste se non rivoluzionarie.
In politica, qualcuno si è accorto di quella falsa antinomia rivoluzione-conservazione che è al fondo dellimmobilità non solo dellItalia, ma dellEuropa. Nikolas Sarkozy, in Francia, ha lanciato una vera e propria campagna culturale, alla quale ha sollecitato i giovani, contro il sessantottismo definito «una paralisi dellintelligenza francese», prendendosela in modo particolare con quell«impasto di ribellismo e conservatorismo» che finisce con lo schierare dalla parte della reazione la gioventù francese.
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