Quei piccoli morti per una svista

Volano dal balcone, bevono il metadone, finiscono sbranati dal mastino di papà. E poi questo flagello delle piscine gonfiabili, emanazione diretta della nuova edilizia fuoriporta, villetta a schiera e giardinetto: con il primo caldo, parte in automatico il gioco refrigerante davanti al portico. I bambini scavalcano la bassa parete di plastica e sguazzano in mezzo metro d'acqua. Qualche volta, ci cascano dentro e non ne escono più. L'ultimo caso a Genzano, sui Colli romani. A metà mattina, il bambino di tre anni sta trafficando di suo, mentre la mamma sbriga i mestieri di casa. Si sa com'è la prima legge dell'infanzia: «Basta un attimo». A loro basta un attimo, ai genitori poi non basta più una vita per ritrovare un senso.
In quell'attimo, a Genzano, la mamma perde di vista il piccolo. Quando se ne accorge, corre subito fuori di casa e vede il cancello aperto. Teme che qualcosa di terribile sia successo per strada. Passa poco tempo, ma è il tempo fatale. Non trovando il bambino nei dintorni, la donna torna subito sui suoi passi, verso il giardino del retro, stavolta in preda al presentimento giusto: la piscina. Quando ci arriva, la sua creatura è già annegata. I suoi sforzi sovrumani di richiamarlo all'esistenza risultano inutili. Basta un attimo, e non c'è più niente che si possa fare.
Quando la notizia si diffonde, nei giornali come nei tinelli d'Italia, la prima reazione è unanime: «Ancora?!». È come se tutti quanti avvertissimo un gelido sentore di strage degli innocenti. Da qualche tempo, troppi bambini muoiono nelle disgrazie più incredibili. Sempre a Genzano, pochi mesi fa, un piccolino di 10 mesi finisce sbranato dal mastino napoletano dei genitori. A Ivrea, l'altra settimana, una mamma esce di corsa per prendere il pane mentre lui dorme, purtroppo il bambino si sveglia e la cerca, inevitabilmente va sul balcone e la chiama a squarciagola, per vederla meglio mette la sedia davanti alla ringhiera e poi si sa com’è, basta un attimo: Gabriele, 5 anni, vola nel vuoto e non c'è più. Sempre negli ultimi giorni, a Roma, Nuovo Salario: un bimbo di 18 mesi sfugge al controllo della zia e precipita dal quinto piano. E siamo solo ai casi più recenti.
Quanto alle piscinette gonfiabili, puntuali come l'estate, presentano una contabilità terrificante: sembra un gioco innocuo, pochi centimetri d'acqua davanti a casa, che sarà mai, il pupo si diverte e intanto non mi soffre il caldo. Però con l'acqua c'è poco da scherzare: pochi centimetri possono diventare profondi come l'abisso. Basta un attimo. Qualche boccata di traverso dentro i polmoni vale quanto un naufragio nell'oceano. Ieri a Genzano, soltanto un mese fa a Pandino, nel Cremonese: Renzo, 22 mesi, figlio di genitori problematici affidato a una famiglia caritatevole e attenta...
Mi pesa scrivere di bambini morti. Chiedo scusa per non esserne all'altezza. I bambini sono sacri. I bambini sono il meglio di noi: lo sono oggi, mentre scaldano le nostre vite di padri e di madri, lo saranno domani, quando cercheranno a loro volta di rendere il mondo più decente. Magari non sarà così, ma guardandoli dormire la sera, nel candore del loro guanciale, noi siamo certissimi che sarà così.
Mi pesa scrivere di bambini morti, ma qualcuno lo deve pur fare. Come tutti, mi pongo una domanda: santo cielo, che cosa sta succedendo ai nostri bambini? Perché muoiono sempre più spesso, in modo sempre più stupido e più atroce? Sarebbe comodo spiegare che ormai siamo sessanta milioni, cioè tantissimi, e che il numero delle tragedie si innalza per un puro criterio proporzionale. Ma tutti sentiamo che non è così. Non è solo una questione di numeri. Ci chiediamo che cosa stia succedendo ai nostri bambini, ma la domanda giusta sarebbe un'altra, per quanto impietosa: che cosa sta succedendo a noi genitori?
Questa è la vera domanda. Non possiamo nascondercelo: tutto quello che succede ai nostri bambini, inevitabilmente, corrisponde a una nostra inadeguatezza, a una nostra lacuna, a una nostra distrazione. Il destino ci gioca sempre, ma è per questo che noi non possiamo farci trovare impreparati. Purtroppo, questo dannato mestiere di genitore è maledettamente complicato. È vero che muoiono i piccoli nelle case più disagiate, dove i genitori sono allo sbando o sono tutto il giorno fuori a spaccarsi la schiena, ma ugualmente muoiono nelle case del benessere, mentre papà e mamma accompagnano l'ospite alla porta o fanno una telefonata. È amaro, ma va riconosciuto onestamente: in quest'epoca di telefoni azzurri e di diritti dei minori, in questi luoghi evoluti dove l'infanzia è foderata di tutele, è sempre più facile annegare in una piscinetta o volare dal balcone. Forse, alle tutele sociali non corrisponde più la stessa attenzione domestica. Forse, abbiamo troppe cose per la testa, pagate con inevitabili cali di tensione. In tanti casi, semplicemente, abbiamo altro per la testa.
Poi lo sappiamo: basta un attimo. E la vita finisce: la loro, la nostra. Tutto quello che ci rimane da fare, in qualunque modo, è anticipare quell'attimo. Provarci. Ai genitori che piangono le loro piccole salme non è riuscito.

Col dolore, subentra qualcosa di peggio: il senso di colpa. Se non uscivo a prendere il pane, se non mi portavo a casa questa maledetta piscina. Non riuscirà ad alleviare le loro pene, ma devono crederlo: purtroppo, poteva succedere a chiunque di noi.

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