Quei politici italiani (di destra e sinistra) incapaci di usare la Rete

I politici e internet? Un disastro per una volta autenticamente bipartisan. E dunque in decisa controtendenza rispetto al resto del mondo occidentale. In Francia gli strateghi di Nicolas Sarkozy inventarono la prima tv online, quella Nstv che fu decisiva nello sprint finale contro Ségolène Royal. Negli Stati Uniti, Barack Obama sconfisse l’establishment del partito, che puntava su Hillary, grazie alla straordinaria mobilitazione dei suoi fan sui social network e sui blog. In Italia, invece, i nostri politici si limitano a scimmiottare le mode altrui, con esiti catastrofici e risvolti talvolta imbarazzanti.
Artuto di Corinto e Alessandro Gilioli lo dimostrano nel saggio I nemici della rete (Rizzoli, pagg 288, euro 11,50). Gilioli è un giornalista dell’Espresso e autore del seguitissimo blog Piovono rane, nel quale non risparmia certo critiche al centrodestra e men che meno a Berlusconi. Di Corinto è un ricercatore, nonché consulente dell’Onu e della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il libro, tuttavia, non ha una connotazione politica. È una disanima schietta di un’élite che, nel suo insieme, non ha ancora capito significato e portata della rivoluzione digitale.
Le critiche alla strategia online del Pdl sono severe. I due autori dimostrano come il partito stenti a parametrarsi con la Rete, anche quando riesce a ottenere importanti riscontri di pubblico. Ad esempio in occasione dei famosi auguri online del Cavaliere e del suo primo messaggio su Facebook, entrambi formulati attraverso il sito del Giornale, i quali, però, sono rimasti episodici, anziché segnare l’inizio di una nuova era. Tra l’altro, contrariamente a quanto riportato nel saggio (è una delle poche imprecisioni) a sollecitare i due messaggi non fu il Pdl, ma Andrea Pontini, amministratore delegato de ilgiornale.it, grazie a una felicissima intuizione.
Anche la sinistra, però, esce malissimo. Forse anche peggio. Bersani fa quasi tenerezza quando afferma: «Va bene, sì internet, la tecnologia e tutto l’ambaradan, ma non si può fare politica se non si può guardare la gente negli occhi». Franceschini, piccato dalle critiche online, pretende di distinguere tra «persone vere e persone virtuali». D’Alema non sa nemmeno cosa sia un blog e verga ancora le relazioni con la Montblanc. Il Pd crea la «scuola Frattocchie 2.0», ma l’immancabile Bersani, appena eletto segretario, elimina proprio il Dipartimento della comunicazione online. E così, quando migliaia di persone partecipano al No-B day, va in tv per dire che «quella era una manifestazione della Rete e che dunque il Pd non poteva mettersi in coda o imbucarsi». Non capisce, non può capire, perché è un dinosauro della comunicazione.
Spesso i commentatori evidenziano la distanza tra mondo politico e Paese reale. Urge aggiornamento: l’abisso con l’online è ancora più profondo, e non è affatto virtuale. Internet rappresenta uno spaccato vivo e crescente di un Paese concreto e tangibile, il quale grazie a questo mezzo trova voce e rappresentazione. Destra e sinistra, invece, continuano a pensare che la Rete sia un semplice mezzo di comunicazione, come i giornali, la radio o la tv e che per imitare Obama o Sarkozy sia sufficiente occuparsene nell’ultimo miglio della campagna elettorale. Grave miopia strategica. Internet è ben altro.

Consente di organizzare e di coordinare, è uno strumento di partecipazione e di mobilitazione degli elettori. È la politica di un futuro che anche in Italia è già iniziato. A dispetto di partiti che ancora vivono nel Novecento.

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