Ma quei violenti non possono essere rifugiati

di Salvatore Scarpino

Bari ha avuto ieri la sua giornata di guerriglia urbana, aspra, violenta, devastante per il sistema dei trasporti.
È singolare che a scatenare l'inferno siano stati immigrati che dicono di essere fuggiti dalla guerra: sarà anche vero ma sono arrivati nel nostro Paese con spirito bellicoso e un certo addestramento alla lotta strada per strada. Non si può nemmeno escludere che fra i rifugiati realmente in fuga dalla guerra si siano mescolati decine e decine di sventurati in fuga dalla miseria, ai quali il riconoscimento di profughi servirebbe per poter muoversi liberamente nel Paese e anche fuori. E questi immigrati hanno dato man forte agli altri nella convinzione di una sorte comune: d'altra parte la violenza si impara rapidamente, specie se si viene da società irrispettose dei diritti umani. Ci sono profughi veri e profughi finti.
Il bilancio è pesante: 35 feriti tra le forze dell'ordine, decine di treni ritardati per l'occupazione della ferrovia, incendi sulla tangenziale e altre arterie con automobilisti intossicati dal fumo. Insomma un disastro che nessuna città italiana avrebbe dovuto sopportare se non ci fosse stata la sconsiderata aggressività degli immigrati che, arrivati per ultimi si sentono in diritto di chiedere tutto e subito.
L'iniziativa violenta è stata presa da 150 immigrati. Ripetiamo può darsi che realmente questi sventurati siano fuggiti dalle loro terre per voltare le spalle alla guerra e a condizioni avvilenti di disumanità, ma questo non è un buon motivo per portare la guerra in casa nostra. Quindici degli immigrati sono stati fermati ma si ha l'impressione che il potere intimidatorio della nostra repressione non sia tale da scoraggiare i guerriglieri-finti pacifisti in ogni centro di accoglienza periodicamente scoppiano incidenti e rivolte perché gli ospiti non hanno la calma necessarie per aspettare le decisioni delle nostre autorità. Tutto e subito in un Paese che si ritiene molle e incerto e nel quale si possono trovare alleati fra le forze politiche e la cosiddetta società civile.
Si sbarca e non si chiede, ma si pretende, riportando nelle nostre città quelle abitudini violente che gli immigrati dicono di volersi lasciare alle spalle. È come se gli ultimi arrivati sbarcassero con la consapevolezza di aver di fronte uno Stato molle pronto a seguire la logica del tutto si aggiusta. È questo il pregiudizio che le nostre istituzioni devono dissolvere, perché chiunque arrivi, con qualsiasi motivazione si senta in un Paese civile pronto a riconoscere i diritti, ma non a sopportare i ricatti. Questo è il punto tanti immigrati arrivano ritenendo che l'Italia abbia smisurate mammelle con le quali sia possibile allattare tutti.


L'Italia è un grande Paese, pronto ad aiutare chiunque fugga da sofferenza e di pericolo, ma non può dare tutto a tutti subito. Questo dovrebbero comprendere gli immigrati, per il loro stesso bene. Siamo tutti donatori di sangue, in cambio del quale non abbiamo nemmeno un filo di rispetto.

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