Quel «centrismo» politicamente corretto

Lentamente finisce in Europa il «politicamente corretto» di cui in Italia beneficia principalmente la sinistra, non solo nel voto dei partiti che ne fanno parte, che anzi questi diminuiscono, ma nell’egemonia globale del modello socialista come punto di riferimento, come terza via tra il capitalismo e il comunismo storico. In questa egemonia indiretta del modello socialista occidentale, la terza via originaria, dopo il fallimento di quella fascista, rimane anche il concetto di centro che in realtà viene inteso come moderazione della sinistra. Il centrismo italiano in tutte le sue forme, non può non realizzarsi se non come riferimento a un partito socialista. Lo si è visto nel caso dell’Udc, dove la scissione di Marco Follini è l’espressione della fedeltà ideologica del centrismo al riferimento legittimante di un partito socialista.
Anche in Francia il centrismo è emerso in forma piena, con il successo della candidatura a presidente della Repubblica di François Bayrou. Il suo progetto è di attrarre gli elettori di Ségolène Royal, facendo balenare ai moderati socialisti la possibilità che, se il centrista diventasse presidente della Repubblica, darebbe la presidenza del Consiglio a un socialista. E qui non a caso si fa già il nome di Dominique Strauss Kahn, che si è opposto da destra nel contesto socialista delle primarie alla candidata vincente.
In Italia l’affinità è talmente grande che i due partiti dell’Ulivo, i Ds e la Margherita, pensano di fondersi in un partito: e già discutono non dell’identità del partito, ma della quota rispettiva che ad essi compete. Sentono di dover essere politicamente uniti, ma ciascuno pensa di essere più unitario dell’altro, quindi titolato a scegliere lo schieramento europeo a cui aderire.
L'Ulivo è già il centrismo perfetto, ma singolarmente l’unità avviene disperdendo l’identità di un partito storico come il Pci che vuole raggiungere la maggioranza politica cancellando, per quanto possibile, la forma della storia che lo ha fatto vivere. Centrismo è dunque l’unità tra moderati di stampo cattolico e moderati di stampo socialista, un distillato dell’esaurimento delle due grandi forze della prima Repubblica, la Democrazia cristiana e il Partito comunista.
Anche nel centrodestra il «politicamente corretto» come forma legata ad un rapporto con una sinistra moderata appare. Forse il punto di vertice è proprio Alleanza nazionale in cui la sua riconduzione alla figura del leader segretario tende a esprimere l’identità del partito in un senso moderato e quindi potenzialmente centrista. Lo si vede in tutte le differenze laiche che Fini cerca di introdurre, marginalizzando la tradizione del partito di destra come partito cattolico, in nome della romanità che fu, sia pure in modo improprio ed errato, fatta propria dal fascismo storico.
In realtà la linea non moderata è data appunto da Silvio Berlusconi, che è il vero leader di quello che potremmo chiamare un popolarismo di destra antitetico alla terza via e al modello centrista. Ma qui esiste un problema: la difficoltà di sostenere una posizione distinta dal moderatismo che è il politicamente corretto e che oggi tende alla fusione di tutti i moderati dei due schieramenti. Che questa fusione sia resa difficile e quasi drammatica per il fatto che è promossa da Romano Prodi, capo di un governo di cui è parte determinante la sinistra radicale, non toglie che il moderatismo faccia sentire il suo peso anche per un radicale come Berlusconi, la figura più lontana dal moderatismo italiano che c’è sulla scena politica.
Vi è in Italia un’altra figura non moderata come Berlusconi, un radicale come Papa Ratzinger. Ruini ha di fatto congiunto i due leader, ma occorre che Berlusconi capisca che egli deve trovare temi alternativi al moderatismo, e che la nuova direzione dei cattolici sia una grande occasione che gli è offerta. Occorre cioè che sui temi della vita una forza radicale come ciò che si raccoglie attorno alla figura di Berlusconi che delegittima tutto il personale politico italiano, comprenda che il suo collegamento con Papa Ratzinger è essenziale alla politica che egli persegue. Bisogna cioè dire che i Dico sono solo il segno di una causa maggiore di essi, che è quella di difendere la nostra cultura occidentale.

Di fronte alla sfida islamica questo è il tema di fondo: impedire che la frantumazione della società italiana giunga fino a rodere i fondamenti della vita comune del Paese. Bisogna che i laici di Forza Italia capiscano che l’Occidente vale bene una Messa e abbiano il coraggio di imitare Enrico IV di Borbone, che fondò così la Francia moderna.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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