Quel geniale ritardatario di Carlo Fornara

Non c’è giustizia a questo mondo, nemmeno in quello dell’arte. Lo diciamo pensando a Carlo Fornara, al quale il Comune di Acqui Terme (Alessandria) dedica una solida e piacevolissima mostra, curata dalla massima studiosa del divisionismo, la canadese Annie-Paule Quinsac: una mostra che, affiancata al Premio Acqui-Biennale di Incisione, giunto quest’anno all’ottava edizione, rende particolarmente vivace la stagione culturale della città.
Dicevamo dell’ingiustizia. Non stiamo intonando la solita elegia sull’artista bravo e sconosciuto, che avrebbe meritato ben altra fortuna. Qui il problema è diverso. Fornara (1871-1968) è stato un divisionista autentico e in particolare un innamorato di Segantini, «il grande Maestro ch’io ammiro fanaticamente», come amava dire. Il fatto è, come diceva un altro pittore, Birolli, che «l’arte non vuole che si faccia dopo quello che andava fatto prima». E così Fornara ha pagato a caro prezzo il suo, diciamo pure, ritardo: quel suo rimanere fedele all’ultimo Ottocento anche in pieno Novecento, e quel suo dipingere, ancora nel 1924 o nel 1934, opere come Sole d’ottobre o Prima neve, che a prima vista sembrerebbero datate 1890.
Così, almeno, hanno sempre pensato gli storici dell’arte. Non hanno torto, ma la pittura è una cosa troppo importante per lasciarla agli storici. Quindi, a dispetto di quanto abbiamo detto fin qui, consigliamo di vedere la mostra ignorando date e ascendenze. Si scoprirà un pittore di sottile lirismo e di robusto mestiere: non un caposcuola, d’accordo, ma capace di superbi brani di colore e di un gusto tutto suo (questo sì) per una geometria interna alla composizione: per esempio per case e tetti e muretti e steccati nitidi come cristalli, in mezzo al mare di punti, linee e virgolette della stesura divisionista.
Nato a Prestinone in Val Vigezzo, sopra il lago Maggiore, nel 1871, Fornara dipinge spesso la sua valle. La rappresenta in un raccoglimento religioso (Verso la pace, 1900; Crepuscolo mistico, 1901), in un silenzio trasognato (Sogno di una notte di primavera, 1902), tra le fatiche del lavoro e la quiete del riposo, in tutte le ore e in tutte le stagioni. «Il colore della valle», come si intitola la mostra, è stato il suo vero soggetto, dalla giovinezza a quando scompare, quasi centenario, nel 1968.
E veniamo alla Biennale Internazionale di Incisione, vinta quest’anno dal siciliano Sandro Bracchitta: un’edizione particolarmente vivace, che ha visto la partecipazione di artisti di oltre cinquanta Paesi. L’incisione in Italia ha vita difficile, come dimostrano (indizio significativo) le magre quotazioni che raggiunge. All’estero non è così, e non solo in Germania, patria storica della stampa e dell’arte a stampa, o nei Paesi dell’est, dove ha una lunga tradizione, ma anche in Francia. Picasso, per esempio, amava definirsi peintre-graveur (pittore e incisore) e non pensava che il secondo sostantivo diminuisse il valore del primo. Anche per questo appare felice la scelta, quest’anno, di allestire la Biennale di Incisione all’aperto: un modo per avvicinarla ai tanti che ancora non conoscono il fascino di un’autentica «arte povera».


LE MOSTRE
«Carlo Fornara. Il colore della valle», Acqui Terme, Palazzo Saracco, fino al 2 settembre, catalogo Mazzotta. «Premio Acqui. VIII Biennale Internazionale di Incisione», Acqui Terme, viale XX Settembre, catalogo Mazzotta

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