da Milano
«Avevo solo sette anni quando, vedendo sfrecciare una Lancia Pininfarina, rimasi abbagliato. E subito pensai che in futuro avrei dovuto fare qualcosa di simile. Sempre da bambino unaltra vettura stuzzicò le mie fantasie: una Citroën Dx 19. Ora, se dovessi progettare la vera macchina dei miei sogni, non avrei dubbi: sarebbe quel modello che combina tutto ciò che è tecnologico di una Citroën insieme alla bellezza di un oggetto nato dalla matita di Pininfarina».
Cè molto della scuola italiana nella creatività di Wahei Hirai, 57 anni, ingegnere, capo del design di Toyota, il gruppo aumobilistico ormai prossimo a strappare alla General Motors la leadership mondiale.
In Italia per partecipare nei giorni scorsi ad alcuni incontri, Hirai ha spiegato la filosofia del colosso giapponese nel momento in cui si pongono le basi per la realizzazione di un nuovo modello. «In questo senso - afferma il designer giapponese - la clientela italiana rappresenta un importante punto di riferimento. Qui, infatti, da sempre lautomobilista è molto esigente in fatto di stile. Gli italiani non hanno pregiudizi: guardano soprattutto allarmonia tra stile e funzionalità. Non è un caso che allinterno del Centro design europeo della Toyota, a Nizza, lavorano due italiani. Uno di essi, tra laltro, ha designato una delle nostre vetture». Il principio alla base del design Toyota è racchiuso in due parole: «Vibrant clarity». In pratica, dice Hirai, «il nostro design devessere contemporaneamente davanguardia e tecnologicamente avanzato. Alla geometria, inoltre, lasciamo piena libertà di forme. È da questi concetti che nascono le nuove vetture del gruppo». Tra Italia e Giappone esiste un feeling particolare nel campo del design.
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