Quel giardino per bimbi mai nati

C’è un grande prato verde dove sfio­riscono speranze. A Roma, al Laurentino, è sorto un cam­posanto precoce, il giardino degli ange­li, dove seppellire i bambini mai nati, feti e creature effimere che appassirono il giorno stesso in cui videro la luce: sulle loro lapidi la data di nascita coinciderà con quella di morte

Quel giardino per bimbi mai nati

C’è un grande prato verde dove sfio­riscono speranze. A Roma, al Laurentino, è sorto un cam­posanto precoce, il giardino degli ange­li, dove seppellire i bambini mai nati, feti e creature effimere che appassirono il giorno stesso in cui videro la luce: sulle loro lapidi la data di nascita coinciderà con quella di morte. Ricordo l’impressione da bambino per aver visto nella casa di una popolana un feto imbottigliato sul comò, come in un altare domestico.

Dal Comune si affrettano a rassicura­re i bio­indignados, femministe e radica­li, che il pietoso cimitero di vite bianche non ha valenza religiosa o anti-aborti­sta. È un paradosso, si dirada il culto dei morti, le tombe tendono a sparire, per crescente volontà di cremazione; e sor­ge il cimitero delle vite non vissute, delle promesse di vita non mantenute, ignote e sospese nei cieli dell’imponderabile.

Chi andrà a visitarli, e cosa visiteran­no, un fantasma o il proprio rimpianto? Non riesumiamo antiche dispute teo­logiche sull’anima dei non nati, la loro destinazione, il limbo.

Immaginiamo in­vece che quelle creature mai nate siano abitanti di un mondo parallelo e virtua­le, diventando custodi dei loro genitori e ombre dei loro fratelli mancati; che si co­noscano tra loro, quei feti adulti - come una volta si definì Pasolini-e s’intratten­gano tra loro a parlare delle loro vite ine­spresse e di cosa si sono persi o rispar­miati non nascendo. Non hanno avuto una sorte peggiore o migliore di noi viventi, quei feti intonsi, solo diversa. Non c’è paragone tra la vita e il suo ro­vescio.

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