Politica

«Quel piano l’ho preparato io in un’ora»

L’impiegato del manager Giombini, principale inquisito

da Perugia

Mario Tei, impiegato della Giombini Costruzioni, ha spiegato alle Fiamme Gialle: «Ho ricevuto da Giombini del materiale cartaceo e forse dei cd e sono stato incaricato di sostituire sulle copertine e sui documenti il nominativo Modus con la denominazione Sg Capital». Tempo richiesto? «Circa un’ora di lavoro» retribuita con «100 euro». Così è stato confezionato lo «studio di fattibilità» sull’area di Collestrada per il quale le Coop hanno sborsato 650mila euro più Iva.
Il «computo metrico», contenuto sempre nello «studio di fattibilità», scrive il Tribunale della Libertà, «è stato riconosciuto da Argenti Maurizio, ex dipendente Coop e oggi libero professionista, come frutto della propria opera svolta tra settembre e novembre 2005 per incarico del Giombini e completata in due giorni». Ad un altro elaborato ha dato una sistematina lo stesso Giombini il 24 giugno 2005 sul computer della dipendente Laila Ceccobelli. Altri documenti ancora risultano in realtà «provenire dalla Araut di Foligno, società che collabora stabilmente con la Coop Centro Italia». E così via.
Gli investigatori ritengono la vicenda di Collestrada emblematica di un sistema. Ripassiamo la storia. La Icc - Immobiliare centri commerciali, società della Coop Centro Italia - il 9 dicembre 2004 compra il terreno dove realizzare l’ipermercato per 6,5 milioni dalla Spazio Due, società della Pirelli. Poi nel giro di tre settimane paga alla Sg Capital di Giombini la bellezza di 1,5 milioni più Iva (1,8 in tutto) «per un’intermediazione», ritenuta del tutto fittizia, e altri 650mila per lo «studio di fattibilità» non solo taroccato ma che in quel momento non sarebbe neanche esistito.
Quindi, sempre secondo gli investigatori, per far figurare costi inesistenti Giombini ha fatto emettere a carico della Sg Capital fatture false da due società amiche, la Edil Electrica per quanto riguarda gli 850mila euro dell’«intermediazione», e la Coen 2 dell’architetto Raffaele Di Palma per i 650mila euro dello «studio di fattibilità». Gli assegni staccati da Giombini per pagare queste fatture venivano cambiati immantinente all’agenzia 3 della Banca di Roma di Perugia e la cifra veniva ridata, cash e in nero, in buona parte al costruttore.
Giancarlo Lo Forte, ex amico di Giombini, ha suggerito che gli 850mila euro dell’intermediazione fittizia andarono a finanziare la campagna elettorale delle Regionali 2005. L’architetto Di Palma, quello che secondo Giombini avrebbe realizzato lo «studio di fattibilità», non ha ammesso alcunché e ha condiviso con il costruttore quasi tre mesi di carcere.
Concludono i giudici del Tribunale della Libertà: «È da escludere che elaborati tecnici attribuiti a prestazioni dell’architetto Di Palma siano a questi riferibili».

Ed è anche per questo che i responsabili delle Coop sono finiti tra gli indagati.

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