Poi dice che uno deve capire, per scegliere, le ragioni dei pro e le ragioni dei contro il nucleare. E che cosa c’è di meglio di un’opinione che si legge come un romanzo per capire le ragioni di una parte o di un’altra? La fiction allarmista antinuclearista, a partire da Sindrome cinese, ha sempre avuto spazio di grandezza apocalittica. Sicché, per colmare il vuoto dei pro, il fisico Massimiliano Pieraccini ha deciso addirittura di scriverci un thriller. Si chiama L’anomalia (pagg. 432, euro 18,50), lo pubblica Rizzoli e in teoria, vista Fukushima, visto il referendum in arrivo, dovrebbe andare a ruba. Non soltanto in libreria, dove il romanzo è arrivato da due giorni, ma anche come titolo prediletto dai media. I giornali dovrebbero contendersi le interviste all’esordiente Pieraccini.
Potenziale pericolo dell’atomo contro imprevisti attesi sulla fioritura di un balcone: in teoria dovremmo essere più preoccupati per la prima minaccia. Dovremmo gettarci a pesce su un romanzo ambientato in quel «tempio mondiale della fisica» che è Erice, in cui i cervelloni del nucleare si sarebbero riuniti per raddrizzare alcune emergenze planetarie in un clima di pressione psicologica che ricorda Intrigo a Stoccolma (e là, anno 1963, Paul Newman protagonista, il soggetto era di Irving Wallace). Nel borgo medievale il fisico ucraino Alexander Kaposka viene trovato in fin di vita dai colleghi e un movente ci sarebbe: è lui che ha firmato il rapporto sulla sicurezza della centrale di Chernobyl. È stato necessario ricostruire punto per punto il disastro dell’86: Pieraccini impiega pagine di dialogo - tra i due personaggi Massimo Redi, un professore universitario anticonvenzionale e Fabio Moebius, analista informatico e hacker - per un resoconto puntuale, oggettivo e, naturalmente crudo, di quei giorni e degli anni successivi. Pagine di romanzo scritte da uno scienziato: roba di prima mano, che dovremmo compulsare avidamente.
E invece: il «thriller scientifico» di Pieraccini, docente di Elettronica all’Università di Firenze, attivo nel campo delle microonde, contributor di numerose riviste internazionali, viene bellamente ignorato. Nemmeno una minuscola anticipazione, un virgolettato, un contributo di spalla sulle conseguenze di Fukushima.
Eppure Rizzoli ci ha investito parecchio, ha vinto il titolo all’asta contro Mondadori, ha messo in piedi una campagna online di tutto rispetto (quel «marketing virale» così trendy che suscitò copertine e paginate per il lancio di XY di Sandro Veronesi). Un sito ricco di contenuti speciali, di download accattivanti, di un blog aggiornato costantemente e statement di vendita all’americana: «La scienza è potere, passione, conflitti e sangue». Ce n’è di che ingolosire nerd, young adults e ingegneri annoiati dall’ultimo Dan Brown. Eppure, nessuno se lo fila. Sarà brutto e frigido, ci siamo detti. La solita ambizione nel cassetto dello scienziato che voleva fare lo scrittore, non sa muoversi in un intreccio e lo infarcisce di teorie astruse.
Invece poi l’abbiamo letto. E scoperto che non soltanto il romanzo è ben costruito.
Ma che è pure “a chiave”: «Ho deciso di usare il mondo che già esiste: ho inventato il meno possibile» spiega appunto sul sito Pieraccini, che ci ha messo cinque anni a ultimare il tomo. «Non c’è dettaglio di Erice che non sia reale. La stanza dove dorme Massimo Redi, il protagonista dell’Anomalia, è quella dove ho dormito durante uno dei miei sopralluoghi. Ogni volta che i personaggi si muovono da un posto all’altro nel piccolo borgo, io conto i passi e decido il numero di battute che possono dire. Quando Alexander Kaposka, fisico ucraino che nel romanzo ha un ruolo di primo piano, entra nel sarcofago di Chernobyl, non c’è dettaglio che non abbia visto in un filmato o in una foto. La mappa del reattore che Kaposka studia prima di entrare nell’inferno del reattore numero 4 è la stessa che mi sono fatto io per decidere il percorso della discesa. L’isola segreta nel mar d’Aral esiste esattamente come la descrivo. E poi la scienza. La sola idea di travisare un fatto scientifico a fini narrativi mi fa venire i brividi. D’altra parte ne va della mia reputazione. E l’Accademia su queste cose non scherza».
Gli ingredienti per un bestseller ci sono tutti. Può darsi, ma è solo è un’ipotesi, che il fatto venga ignorato dai media perché Pieraccini è un nuclearista convinto, che non si lascia prendere dall’emotività. «Che ne pensa delle centrali?» gli chiediamo. «Le paure che abbiamo derivano ancora da 40 anni di guerra fredda. La parola nucleare è ancora associata all’olocausto.
Se non avessimo avuto le bombe avremmo molti più reattori. Sono uno dei modi meno costosi e più sicuri per produrre energia elettrica. Il romanzo tratta il soggetto in modo molto razionale». E pare che nemmeno per promuoverlo Pieraccini sia disposto a cambiare idea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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