Carlo Faricciotti
Dire che a un certo punto ha rischiato di essere cancellato è dire troppo, sia per la massa di soldi già stanziata sia perché comunque la star del film ne è anche il produttore, ma di sicuro Mission: Impossible III (o più sinteticamente M:I 3), dal 5 maggio in tutte le sale del globo, ha alle spalle un percorso tormentato. In realtà già il secondo capitolo della saga dellagente Ethan Hunt, quello diretto nel 2000 da John Woo, era stato caratterizzato dai litigi, sul set, tra Tom Cruise e Woo (che a sua volta aveva raccolto il testimone da Brian De Palma, regista del primo Mission: impossible, nel 1996) ma alla fine tutto si era risolto per il meglio, con un incasso totale di 546 milioni di dollari.
Fedele alla regola per cui ogni episodio ha bisogno di un regista nuovo, Cruise (titolare dellimpresa con la sua Cruise/Wagner Productions), allalba del 2002 aveva opzionato, per la cabina di regia, il David Fincher di Seven, Fight Club, Panic Room. Delléquipe di Hunt sarebbe rimasto solo Luther Stickell (lattore Ving Rhames), mentre Frank Darabont (Le ali della libertà, Il miglio verde) si sarebbe occupato della sceneggiatura, incentrata sul traffico di organi umani in Africa. Passano due anni, Fincher si dedica ad altri progetti e lincarico passa al semisconosciuto Joe Carnahan, che firma il contratto nella primavera del 2004. Quella stessa estate Carnahan litiga con la produzione, cioè con Cruise, e sbatte la porta, con un set già allestito, a Berlino, e un cast già al completo: Rhames, Scarlett Johansson e Carrie-Anne Moss (Matrix) come pupe di Ethan e lo shakespeariano Kenneth Branagh nei panni del solito supercattivo.
Palla al centro e si ricomincia da zero: Branagh si defila perché finalmente ha trovato i soldi per girare, da regista, Come vi piace; una revisione della sceneggiatura cancella il personaggio della Moss; la Johansson, a sentir lei, abbandona la partita di fronte ai tentativi di Cruise di convertirla a Scientology, il controverso culto di cui la star quarantaduenne è un convinto adepto - e cui aderisce, nel frattempo, Katie Holmes, prossima signora Cruise e da poco madre della piccola Suri. Sempre nella maledetta primavera 2004 Cruise, secondo i giornali Usa, si era invaghito dellidea di girare il film nel Parlamento tedesco, il Bundestag interamente ridisegnato in vetro dall'architetto Norman Foster.
Richiesta rispedita al mittente dal presidente del Bundestag Wolfgang Thierse: «Questo edificio non è disponibile come set cinematografico e non abbiamo intenzione di accettare richieste in questo senso». Nel frattempo il tempo passa, a Hollywood si ironizza sul titolo-menagramo («Mission: Impossible is really impossible?» titolava qualche giornale), ma Cruise mantiene il sangue freddo: a ogni intervista ribadisce che «Stiamo lavorando sulla sceneggiatura, non vogliamo fare un prodotto affrettato». Sempre senza fretta, arriviamo ai primi del 2005: Cruise sceglie regia (J. J. Abrams, quello delle serie tv Alias e Lost), sceneggiatura (Alex Kurtzman e Roberto Orci) e interpreti (il fedele Rhames, Keri Russell, Michelle Monaghan, Philip Seymour Hoffman), definisce il budget, salito a oltre 150 milioni di dollari e...
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