Mezz'ora di ritardo. Inizia così il mio viaggio da Genova ad Acqui Terme, a bordo del treno regionale 6154 che dal capoluogo ligure giunge - quando tutto fila liscio - in un'ora e venti circa nella cittadina dell'Alessandrino, passando per Sampierdarena. Coincidenza ignota ad alcuni addetti alla biglietteria della stazione di Savona, che se provi a chiedere quali sono i treni per Acqui ti ricordano solo quelli che passano per S. Giuseppe di Cairo: «Quello delle 8.19 è partito, il prossimo è a mezzogiorno». Ma con le coincidenze a Genova, per fortuna più numerose, è possibile raggiungere Acqui ben prima dell'una e dieci. Salgo sul convoglio, pochi minuti, appena qualche chilometro e il paesaggio cambia radicalmente. Dagli scogli e dai porticcioli con i posti barca un po desolati della Riviera, ecco spuntare la campagna, le alture dell'Appennino, rocce e piccoli ruscelli. La caratteristica tipica della morfologia ligure: da una parte vedi i monti, dall'altra ti volti e c'è ancora il mare.
Il treno sale, su binario unico, mentre la temperatura si abbassa sensibilmente. Ho lasciato la città della Lanterna da dieci minuti e il termometro segna già un grado sotto lo zero. I viaggiatori salgono tutti imbacuccati: qualcuno si addormenta, qualcun altro trascorre il tempo con i giochi di enigmistica, ma poi alla fine cede e crolla - si fa per dire - tra le braccia di Morfeo, nonostante i posti a sedere non siano sempre molto comodi. Passiamo in rassegna le stazioni più desolate e dai nomi noti solo a chi frequenta la linea ferroviaria con assiduità: ad alcune fermate salgono tre o quattro persone, in altre soltanto una o due. «Per salire dobbiamo fare i centometristi - esclama una signora non più giovanissima - il treno ferma e riparte quasi subito, io nella corsa mi sono anche inciampata». A qualcunaltro va meno bene e resta a piedi. Orologio alla mano, la lancetta segna pochi secondi di fermata alle stazioni lungo il percorso. «Si vede che vogliono guadagnare tempo dove sale poca gente».
A vedere così, ritardo a parte, non sembra neppure un viaggio così terribile, faccio notare. «Provi anche lei a farlo tutti i giorni - replica - e poi mi verrà a dire se è possibile sopportare i ritardi e i disagi che dobbiamo subire, proprio noi che già siamo costretti a spostarci con il treno nonostante tutto». Una galleria infinita, appena passata la stazione di Mele, ci fa sbucare direttamente a Campo ligure. L'uscita è uno spettacolo: il paesaggio cambia radicalmente ancora una volta. Neve, tanta neve, dappertutto. Un campo da calcio anch'esso innevato fa pensare che certo lì ora non si gioca. «Dovrebbe vedere con il maltempo, qual è la situazione: tutto in tilt», fa ancora eco la mia nuova compagna di viaggio. Il riferimento è alle giornate di tregenda delle settimane scorse, con treni soppressi e il convoglio bloccato dalle nevicate con i pendolari a bordo. E in effetti a guardare fuori dal treno, che attraversa il territorio fra veri e propri banchi di neve, ecco che anche i disagi in occasione delle grandi nevicate paiono non certo giustificati, ma quanto meno comprensibili. «Ma il problema qui non sono i giorni di bufera», precisano altri due passeggeri, che si sono uniti alla discussione. «I disagi ci sono anche quando non è certo il maltempo il problema. Guardi il ritardo di mezz'ora di oggi...». I pendolari-forzati della linea che porta ad Acqui hanno il dente davvero avvelenato.
Dopo aver trasformato il mio taccuino nel cahier de doléances dei viaggiatori spazientiti, spero che a questo punto si arrivi a destinazione senza problemi. Anche perché, a leggere la rassegna stampa della linea Genova-Acqui, sembra ci sia davvero da incrociare le dita. Soltanto dopo vengo a sapere dei giri di valzer che hanno coinvolto i passeggeri del regionale 6152 delle 7.
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