da Milano
Alle primarie della sinistra di due anni fa, a votare Romano Prodi sono andati tutti i grandi e storici banchieri italiani. Da Alessandro Profumo a Corrado Passera. Da Enrico Salza a Giovanni Bazoli. Tutti tranne uno: Cesare Geronzi, presidente di Capitalia. Eccezione che non è sfuggita a nessuno. Nemmeno a Silvio Berlusconi, che tramite la holding di famiglia, la Fininvest, è socio nel patto di sindacato di Capitalia.
Lo stesso Berlusconi, in questi giorni di campagna elettorale in vista delle imminenti consultazioni amministrative, ha ricordato come la sinistra occupi gran parte dei poteri nazionali, con ramificazioni nel sistema economico e bancario in particolare. Ecco allora che lincorporazione di Capitalia in Unicredit, andando a modificare lassetto finaziario, richiede uninterpretazione anche politica.
Ora, è sicuramente impossibile sostenere che il nuovo Unicredit rappresenti una banca di destra. Non avrebbe nemmeno senso perché non è mai questo il modo di porre la questione. Quello che si può andare a vedere è il «clima», l«ambiente» intorno al quale si costruisce un certo gruppo bancario. Intesa Sanpaolo, per esempio, è indiscutibilmente nata per iniziativa di personalità come Bazoli, di cultura cattolico-dossettiana, contigue alla storia professionale e politica di Romano Prodi. E non è un caso che il suo amministratore delegato, Corrado Passera, prema da sempre lacceleratore sulla «banca per lo sviluppo», sulle «operazioni di sistema», su unimpostazione se non dirigista, almeno keynesiana delleconomia.
A questa stregua il nuovo Unicredit sarà una banca ben diversa. Che nasce dallaccordo di due personalità opposte (o complementari, che dir si voglia) quali quelle di Profumo, manager con la sola bussola del mercato in tasca, e di Geronzi, il più politico tra i banchieri, una storia di rapporti bancari con lintero arco costituzionale alle spalle, nella prima e nella seconda Repubblica. Ma proprio per questo il nuovo Unicredit parte come banca laica, antagonista naturale di Intesa Sanpaolo, sia sul mercato, sia nei suoi sostenitori. Tra i quali cè sicuramente Massimo DAlema, preoccupato da tempo dello strapotere di Intesa, ora bilanciato dalla nuova creatura. Forse proprio di questo ha parlato con Bazoli prendendo quel già celebre caffè, sabato scorso a Roma, in un incontro che sembrava fatto apposta per apparire come la celebrazione di un nuovo status quo.
Ma limpressione è che Geronzi fosse anche lunico in grado di garantire a questo status quo la «copertura» a destra, rendendo loperazione Unicredit interessante anche per azionisti come Ligresti e lo stesso mondo Fininvest. Non è un caso che a Milano Geronzi abbia visto, lunedì, proprio lingegnere siciliano, socio di Capitalia, Mediobanca, Rcs e Generali. E candidato a crescere, probabilmente in Mediobanca. E non è nemmeno un caso che Ennio Doris, socio e amico da trentanni di Berlusconi, azionista di Mediobanca tramite Mediolanum, abbia dichiarato di «fare il tifo» per la fusione.
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