«Quella campagna è fuori legge» La Provincia finisce sotto inchiesta

C’è però, chiosa Dapei, un dettaglio di natura etica che Penati «dovrebbe porsi»: «È in pieno conflitto d’interessi poiché è sempre lui che acquista gli spazi pubblicitari sui quotidiani e sulle televisioni come candidato alla presidenza della Provincia e, poi, come Provincia acquista altri spazi come inserzione pubblicitaria della Provincia». Inserzioni, quest’ultime, spiega Dapei, che «tacciono, ovviamente, su ciò che non è stato fatto in 5 anni, un immobilismo assoluto e su ciò che è stato fatto, speculazioni finanziarie improprie rispetto alla missione della Provincia».
Intanto, alla sede del comitato elettorale del candidato Penati si fanno i conti. A disposizione dell’inquilino uscente di Palazzo Isimbardi ci sono qualcosa come 600mila euro ovvero più di un miliardo di vecchio conio che, concretamente, si traduce in manifesti 70x100, 70x140 e nel megaformato 3 metri per 6. «Tutti ben posizionati» dichiara Nora Radice, committente elettorale del candidato. E «ben posizionati», giusto per capirci, significa «ben visibili» ossia affissi sugli spazi più costosi perché più appetibili. Su questi spazi, continua la cassiera di Penati, sono ad oggi «almeno 6000 i manifesti affissi su Milano e provincia prima ancora dell’inizio della campagna elettorale» che, dettaglio, prende avvio il 23 aprile. Poster attaccati in periodo non elettorale e, quindi, a tariffa commerciale. Naturalmente, «occorre aggiungere» ammette Nora Radice «pure le uscite sui quotidiani locali e gli spot televisivi».
Chiaro a tutti, calcolatrice e listini pubblicitari alla mano, che sicuramente Penati sforerà il budget anche ricorrendo ad attacchini volontari.

E che del clima vissuto in quella stessa sede elettorale cinque anni fa resta solo un ricordo dei cronisti: allora, Penati per sconfiggere Ombretta Colli chiese persino l’obolo dei compagni e, si racconta, che non voleva neppure spendere un euro in tartine e bottiglie da stappare.
Gianandrea Zagato

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