Arrieccoci. Il raìs ci riprova e sfodera nuovamente larma del cessate il fuoco. Che quella pillolina sulla fine delle ostilità inserita - per volontà russa - al primo punto della Risoluzione 1973 fosse il diavoletto nascosto sotto un apparente dettaglio lo si era capito subito. Il raìs lo ha usato alla vigilia dei bombardamenti per fare un po di teatro e tentare nel frattempo di assestare il colpo fatale a Bengasi. Se quel primo esperimento era sembrato quasi subito una guasconata quello messo in scena ieri sera con il cessate il fuoco previsto per le 21 pretendeva di essere più serio.
A proporlo non era limpresentabile Moussa Koussa, un ex capo dei servizi segreti promosso ministro degli esteri, ma il portavoce dellesercito. Quel che ancor più conta è il momento in cui viene avanzata la proposta. Orecchiando al diluvio di missili e bombe speditegli a domicilio dalla coalizione dei volenterosi, ascoltando il flusso di dichiarazioni politiche che accompagna le esplosioni il raìs sta probabilmente capendo di non aver più tempo da perdere. Sta capendo che la propria eliminazione fisica e politica è già stata decisa. E siccome non aspira a far la fine di Saddam Hussein cerca di evitarla in tutti i modi. Ovviamente a guidare le sue mosse non sono solo lurgenza e la paura, ma anche la scaltrezza politica che gli ha garantito 41 anni di potere.
Le prime 24 ore di bombardamento pur regalando facili successi agli alleati hanno messo in evidenza i punti deboli di una coalizione poco coesa, priva di un timoniere unico e basata su una risoluzione insufficiente a coprire politicamente un'operazione militare destinata a garantire un cambio di regime. La Lega Araba dopo aver fatto da battistrada alla «no fly zone» chiedendone allOnu limmediata applicazione si sta già defilando preoccupata per leffetto che quella pioggia di bombe lanciate dagli aerei degli «infedeli» possono determinare sulle sensibili opinioni pubbliche islamiche. «Quello che vogliamo è proteggere i civili, non bombardarne altri», ripeteva ieri il suo segretario Amr Moussa.
In Occidente le cose non vanno meglio. Lattento raìs sta sicuramente prestando orecchio ai dissapori tra Parigi e Londra innescati dalla decisione di Nicolas Sarkozy di ritardare lavvio delle ostilità per permettere lo svolgimento di un summit che ha trasformato Parigi nel centro del mondo. E sicuramente in queste ore Gheddafi tiene contatti con tutti i Paesi africani, tradizionalmente amici, per dar vita ad una iniziativa di pace e affidarla a quellUnione Africana che dopo aver disertato il Summit parigino ha immediatamente «lo stop immediato di tutte le ostilità». Muhammar si prepara a sfruttare al meglio anche laffettata indignazione di Mosca e Pechino sintetizzata dalla richiesta russa di «sospendere luso non selettivo della forza contro la Libia».
Il tutto ovviamente ha il sapore di una farsa. Queste reazioni in gran parte scontate e attese sono un refrain abbastanza abituale per ogni operazione militare. Dai bombardamenti della Bosnia fino a quelli sullIrak una parte del mondo ha sempre reagito così. Anche perchè - come hanno subito dimostrato i combattimenti continuati nonostante le proposte di cessate il fuoco - il raìs non può concedersi il lusso di non sparare. Qualora ci provasse seriamente i primi a premere il grilletto e a riaccendere le ostilità sarebbero quei ribelli di Zwayia, Misurata e Bengasi pronti a sfruttare ogni occasione per guadagnare un po di chilometri sulla strada per Tripoli.
La differenza stavolta però la fa la chiavetta sul cessate il fuoco inserita nella risoluzione. Girandola e rigirandola Gheddafi troverà qualcuno allinterno della «coalizione dei volenterosi» pronto a dargli credito, pronto a giurare sulle sue buone intenzioni, pronto a chiedere unimmediata verifica. Nelle coalizioni occidentali prima o dopo capita sempre.
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