Quella cartolina gialla che ti lascia (quasi) sempre il portalettere

di Ferruccio Repetti

Me lo dice ancora adesso, mia mamma Rosa che ha 96 anni e qualche acciacco, ma fa sempre sfoggio di candido ottimismo: «Guarda - mi dice lei - che la Posta è un po’ come l’Arma dei Carabinieri, nei secoli fedele. Non ti tradisce mai. Lettere e pacchi che vanno e vengono. E arrivano sempre». Mi dispiace contraddirti, mamma: a volte vanno, sì, con tanto di affrancatura non proprio a buon mercato. Ma non sempre vengono, nel senso di venire recapitati al destinatario. E la colpa non è dell’imprevisto o della legge dei grandi numeri che giustifica una percentuale (minima) di smarrimenti. La colpa - diciamolo: la responsabilità diretta - a volte è di qualche portalettere, pardon: operatore postale itinerante. Che, alla faccia di tanti volenterosi che, a differenza sua, un lavoro non ce l’hanno, si prende lo stipendio assicurato fino alla pensione e le studia tutte per diminuire il carico (si fa per dire...) di lavoro. Intendiamoci, e ribadiamolo subito chiaro e tondo: la stragrande maggioranza, diciamo pure la quasi totalità dei dipendenti delle Poste Italiane sono efficienti, premurosi e gentili - l’ho provato di persona -, specie dopo la «rivoluzione» del servizio attuata in questi ultimi anni. Ma c’è sempre qualcuno che vuole «fare il furbo» e sgarra, e non ci pensa nemmeno che il suo comportamento, il suo menefreghismo, la sua schiena dritta, possono coinvolgere negativamente gli utenti, ma anche i colleghi che eseguono con diligenza il proprio compito.
Dopo la premessa, l’episodio, anzi: gli episodi.

Capitati al sottoscritto e a quella serie di persone in coda allo sportello del «Ritiro inesitate» di viale Cembrano, a Genova, che hanno condiviso la disavventura. Dunque: càpita che uno sia in casa per tutto il giorno, da solo o in compagnia di familiari, (...)

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