Quella casta in toga che aiuta a farla franca

Sentenze fantasma e ritardi record: ecco le storture di un sistema complice di furbetti e prepotenti. I processi pendenti sono 5 milioni: c'è pure una causa da 35 euro. E una per un'ottantenne caduto in una buca, il giudice: doveva stare a casa

Quella casta in toga che aiuta a farla franca

C’è la toppa che è peggiore del buco. Perché il giudice il buco, un passaggio fantasma fra casa e studio, se l’è scordato dopo averne parlato per tre pagine. C’è il tribunale dei minori che legge probabilmente un’altra relazione, non quella piena di lodi scritta dai Servizi sociali, e decide di usare il pugno di ferro col padre. E c’è il magistrato che s’indigna con la signora ormai in là con gli anni per essere caduta in un buca a due passi da casa. A quell’età, a sentire la toga, è meglio stare tappati fra le mura domestiche e se uno esce lo fa a suo rischio e pericolo.

A girare per le aule dei tribunali italiani si scopre di tutto. Storie incredibili, vicende surreali che sembrano scritte da uno sceneggiatore bizzarro, casi che sfidano anche il buonsenso. Stiamo parlando della giustizia civile, quella che non strappa i titoloni dei giornali e non va, quasi mai, in prima pagina. È però lo stato del settore è, se possibile, ancora peggiore di quello penale. In Italia ci sono 5 milioni e mezzo di cause pendenti: lo zaino, pesantissimo, dell’arretrato, pesa sulle famiglie, sulle relazioni sociali, sui rapporti umani, sull’economia che viaggia col freno a mano tirato del giudizio incerto. Il vicepresidente del Csm Michele Vietti sostiene che un sistema più efficiente, o meglio meno disastrato, ci permetterebbe di guadagnare un punto di Pil. Forse, anche di più. Perché molte imprese straniere si tengono alla larga dal nostro Paese proprio per non sprofondare nelle sabbie mobili di processi che si sa come iniziano e non si sa come e quando finiscono.

E lo stesso vale per il comune cittadino. È mai possibile che a Milano un giudice se la prenda con la donna che è sprofondata in un buca come una pallina da golf? E invece è così: lei ha 81 anni e la causa per il risarcimento finisce ancora prima di cominciare. Anzi, la sentenza si trasforma in una predica sconcertante: «È noto che con il progredire dell’età il sistema motorio e quello sensoriale perdono parte della propria efficienza». Chiaro? Mica tanto, perché lui insiste: «Si può in definitiva ragionevolmente supporre che taluni ostacoli causano la perdita dell’equilibrio e la caduta del soggetto non per un loro carattere insidioso ma solo perché il soggetto, per l’età avanzata, non ha saputo percepirli come avrebbe fatto qualsiasi altra persona». E così la sventurata, che aveva osato chiedere giustizia, non solo non prende un euro di indennizzo ma deve pagare metà delle spese che vengono calcolate in 1.400 euro. Niente male per la sofferenza patita.

Del resto se da Milano ci spostiamo in Emilia troviamo un giudice che s’è dimenticato il buco all’origine di un’antipatica causa promossa dal signor Paolo. Paolo ha affittato una casa ad una parente, lei, di nascosto, ha tirato giù una parete e ha creato un collegamento con lo studio del marito. Un abuso in piena regola. I coniugi tergiversano, provano a mischiare le carte, alla fine ammettono il pasticcio in stile Conte di Montecristo. Ormai sono rassegnati a dover ricostruire quel che avevano demolito, ma la sentenza va oltre e li salva. Il giudice li condanna a pagare 1.500 euro a Paolo, ma si scorda del buco. Che dopo 6 anni di carte bollate è ancora lì. In attesa di un processo bis che chissà quando si svolgerà. L’Italia delle udienze funziona così: ci sono cause iniziate in lire che proseguono imperterrite in euro e ci sono liti per gli spiccioli, 35 euro, che si avvitano su se stesse e costano molto, molto di più della cifra che mettono in palio. Ma queste storture paiono ineliminabili, le correzioni non arrivano mai, le norme del processo civile vengono cambiate e ricambiate in continuazione, gli avvocati sono un esercito sterminato. E poi quando un giudice sbaglia o si addormenta sui faldoni di media non succede nulla. O meglio il tribunale va avanti per la sua strada.

Come sa bene Mario, papà «commissariato» dal tribunale che gli ha imposto di vedere i figli, Martina e Davide, nel recinto dei Servizi sociali. Sono proprio i Servizi a notare, dopo una lunga osservazione, che l’uomo è maturato e può tornare a fare il proprio mestiere di padre. Ma i giudici evidentemente leggono una relazione sbagliata.

E la riassumono in due parole: «Non risultano intervenuti mutamenti rilevanti». Risultato: Mario resta legato al guinzaglio corto delle visite nella cornice protetta di una sede neutra. E il papà si ritrova ancora dimezzato.

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