Quella centrale atomica che piace agli svedesi Soprattutto se «verdi»

da Sjöbo (Svezia)
Certo che, a queste latitudini, i cosiddetti «comuni denuclearizzati» ti sembrano ridicoli: l’ennesima pagliacciata dei «verdi» italiani. Siamo in Scania, Svezia, a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Barsebäck, in un territorio intensamente coltivato a cereali, barbabietole, patate, ricoperto da boschi incontaminati e attraversato da un fiume che pullula di salmonidi. Se sono questi gli effetti negativi del nucleare...
Almeno geograficamente, la Scania un po’ ci assomiglia. È la regione più a Sud della Svezia, la più europea e anche la meno fredda. La celebre espressione di Totò, «si è sempre meridionali di qualcuno», qui deve leggersi capovolta. Il Sud come lo intendeva Totò, in Svezia è infatti il Nord, e viceversa. È il Nord, con la notte polare, le temperature che possono raggiungere i 40 gradi sotto lo zero, la conseguente scarsa densità demografica, la presenza inevitabile dello Stato assistenziale (la sicurezza sociale svedese funziona ancora molto bene, nonostante tutto), a rappresentare «il Mezzogiorno». È il Centro-Sud, cuore agricolo, industrializzato, nuclearizzato, il motore economico di questa magnifica nazione.
La Scania, dal punto di vista economico, è come la Brianza. Le somiglianze però si fermano lì. I colombacci e i germani entrano in pratica dentro casa. Tutte le mattine percorro in auto strade d’asfalto interamente immerse nel giallo della colza. Le orecchie di svariate coppie di lepri spuntano fra le zolle. Evidenti segnali di un’agricoltura pulita, che dalla chimica prende solo lo stretto necessario. Come se non bastasse, sono fagiani, starne, caprioli, a punteggiare la campagna. Aquile che svettano sulle minuscole colline, germani, codoni, morette, alzavole, marzaiole, cigni impertinenti e arroganti. Alci e caprioli che attraversano le strade, da queste parti, sono la causa principale di incidenti automobilistici. Una coppia di cigni si installa nei pressi della nostra attrezzatura da pesca, proprio lungo la spiaggia di Malmö, dove insidiamo bellissime aguglie. Si deve attendere la sera perché gli uccelli sloggino. Per tutto il pomeriggio hanno fischiato sbattendo le ali e minacciando chiunque osasse avvicinarsi a canne ed esche. Guai a disturbare i cigni! A parte il fatto che sono dotati di un becco poco rassicurante, si rischierebbe il pubblico linciaggio!
Poco più a Sud, laddove il Baltico si confonde col Mare del Nord, le anatre sfiorano il nostro peschereccio, mentre peschiamo i merluzzi sotto il ponte che collega Malmö a Copenaghen. Qualche mugugno ambientalista e nazionalista, poi, presa la decisione, lo hanno costruito in quattro e quattr’otto...
Risalendo ancora, proprio vicino a Barsebäck, c’è appunto la zona più coltivata di tutta la Scandinavia. Il fiume che vi scorre, piccolo e pulito, fra la terra scura e il pascolo, si chiama Bjorkan: è lungo 67 km, ha acque cristalline e ospita trote gigantesche. Nel «fiume della centrale», è ammessa la cattura di, al massimo, due trote a testa, e non più piccole di 50 cm! Mentre sono intento a moscheggiare, avverto un tonfo nell’acqua. Me ne sto lì impietrito davanti a un mink, un visone bruno, che attraversa a nuoto il breve corso d’acqua, per fermarsi ritto di fronte a me... Mi scruta qualche secondo e poi sparisce. Resto imbambolato a guardarlo senza pensare alla macchina fotografica. Mi rifaccio più tardi col capriolo, che quasi mi arriva addosso all’imbrunire. Come una star, si mette in posa solo per me.
Ecco, visitare il paradiso naturalistico che si trova attorno a Barsebäck serve, più di mille discorsi, a comprendere perché questa gente pacifica e civile che identifica l’amore per la natura col proprio stile di vita, abbia smesso da un pezzo di guardare all’atomo come a un nemico.
In Svezia, il 48 per cento dell’energia elettrica viene attualmente generata da tre centrali elettronucleari, che dispongono complessivamente di 10 reattori attivi. Nel ’79, dopo l’incidente americano di Three Mile Island, un referendum decise che nessuna ulteriore centrale sarebbe stata costruita e che, entro il 2010, la Svezia avrebbe chiuso con l’atomo. Il problema sicurezza riemerge nel 1986, sull’onda emotiva della tragedia ucraina di Cernobyl. Nel ’97 il Riksdag, il Parlamento svedese (anche a causa delle pressioni del governo danese), decide di fermare proprio Barsebäck (due reattori BWR da 600 e 615 MW netti), a condizione che l’energia prodotta lì sia compensata da una superproduzione delle altre. Ciò avviene il 31 maggio del 2005, ma non pare una decisione irrevocabile. Al momento è stato valutato che le attuali centrali resteranno in funzione fino al 2050. Da un sondaggio nazionale del 2005 risulta che l’83 per cento è favorevole al mantenimento o all’incremento del nucleare.
Un altro, più recente sondaggio, condotto appunto tra gli abitanti dei dintorni di Barsebäck, ha indicato la percentuale plebiscitaria del 94 per cento a favore della riaccensione dei reattori. Lo scorso anno, poi, il Partito Centrista, storicamente per lo smantellamento, ha cambiato idea e si è schierato a favore, fiutando il vento filo-atomico che oggi soffia forte in tutta la Svezia e a Barsebäck in particolare. Specie dopo che gli sforzi compiuti con le fonti alternative non hanno dato i risultati sperati e alla luce della decisione nazionale di non costruire ulteriori impianti idroelettrici per proteggere le risorse idriche. D’altra parte, mentre - come si diceva - è quasi scomparsa la percezione di un «nucleare nemico», è ovunque diffuso il timore che la dismissione delle centrali minacci la competitività internazionale svedese. E con essa gli elevati standard di vita del regno.


I geniali italiani artefici dei nostri comuni «denuclearizzati» stenteranno a crederlo, ma qui l’atomo è rivendicato dagli amanti della natura e della sicurezza sociale. Sanno tutti molto bene che nessun pesciolino con tre occhi nuoterà nel fiume della centrale di Barsebäck...

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