Al Sistina cè Enzo Jannacci. Non è necessario un incipit a effetto per parlare di chi ha fatto la storia della canzone italiana. Bastano quel nome, quel cognome e una data, lunedì 11 maggio. La data in cui tornerà sul palco del teatro romano per raccontare le sue storie stralunate, surreali, ironiche e malinconiche, accompagnato dal figlio Paolo e da una band di raffinati musicisti.
Sarà un concerto in due tempi, con le canzoni più celebri del suo repertorio intervallate da un breve «intervento strumentale jazz» del Paolo Jannacci Trio (con Stefano Bagnoli alla batteria e Marco Ricci al basso). Canzoni che Jannacci ha recentemente catturato, nella loro essenza live, in The best. Concerto-Vita-Miracoli, primo dvd della sua più che cinquantennale carriera. Canzoni di un repertorio che è soprattutto repertorio di vita, la vita del «dutùr Jannacci»: quelle giocose e quelle toccanti, quelle famose e quelle meno, quelle in italiano e quelle in milanese, ognuna con qualcosa da dire e un suo modo per dirlo.
Si ascolteranno La fotografia, El purtava i scarp del tennis, Faceva il palo, limmancabile bis di Vengo anchio, Se me lo dicevi prima, e alcuni di quei capolavori sparsi nel tempo che hanno reso grande la sua maschera di interprete come Ma mi di Strehler e Fiorenzo Carpi, Bartali di Paolo Conte, Ho visto un re di Dario Fo, Via del Campo di Fabrizio De André. La maschera, perché «di Jannacci è importante anche la faccia», come si legge nelle note di copertina del dvd live.
«Stupita, ipotetica, malinconica, seria anche quando fa ridere, tagliata da quegli occhi socchiusi, da quello sbattere di palpebre che è elemento scenico esso stesso. E poi la sua gestualità, la sua schiena dritta, la mano in tasca e quellaltra in avanti». Già, Jannacci come icona, come figura inconfondibile e inimitabile della musica italiana. «Un palcoscenico blu scuro e nero - si legge - e in mezzo i suoi capelli bianchi, ondulati, i suoi occhiali con la montatura identica da decenni. Lui, una sedia da usare ogni tanto e dei signori musicisti. E fuori la Milano che Jannacci ha raccontato, amato e poi chissà».
Gli arrangiamenti sono eleganti, di classe, ammiccanti al jazz senza mai finirci dentro del tutto.
Tra le avventure recenti dellartista milanese, un ciclo di otto lezioni del corso «La canzone», organizzato dalla Fondazione Scuole Civiche di Milano e curato dal Maestro Enrico Intra.
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