Brutta cosa, per un nobile cavaliere, prender per moglie lamante del re. Tanto più se lo capisce solo quando i colleghi non gli stringono più la mano. In questi casi - siamo in unopera dellOttocento - cè un vecchio fratone autorevole che prende il cavaliere con sè e lo porta in convento, a pronunciare i voti al luccichio mattutino delle stelle. Il guaio è che può arrivare la promessa sposa, distrutta dallo stress e travestita da novizio, fargli venire voglia di fuggire con lei e morire fra le sue braccia secondo la migliore tradizione. Ad una storia così arriva Donizetti nel 1840, sistemandone unaltra che aveva cominciata, e presentandola a Parigi con il titolo La Favorite; e bisognerebbe impiantare un complesso discorso teatrale e musicologico per discutere come richiama il gusto del melodramma italiano e di quello francese, con arie squisite e pezzi dassieme vicini a quelli che saranno di Verdi, e con eloquenza sontuosa e danze spettacolari. Ma una certezza elementare è che questopera ha bisogno di grandi voci e forti personalità e dun direttore che le incalzi con la forza della passione.
Al Festival Donizetti di Bergamo, per lapertura 2008, ne hanno invece presentata una rappresentazione educata, ben gradita però dal pubblico, in cui il direttore Marco Zambelli stava quieto e paziente, e dove nessuno dei protagonisti aveva la caratura vocale per portarci dentro a quel contrasto fra spirito e sesso, tra fasto e purificazione che deve dare spessore e colore alle parole e al suono. Infortunata in prova Chiara Chialli, sono apparsi tutti di grande generosa volontà, Adriana Mastrangelo mezzosoprano sopranile, Antonio Gandia tenore, Mario Cassi baritono, e Francesco Palmieri, forse il più pertinente.
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