Signora Violetta che mi ha aggredito verbalmente ieri mattina alla stazione Termini di Roma, la chiamo in quel modo non sapendo il suo nome, per via del chador viola che la qualificava come combattente e reduce della manifestazione antiberlusconiana della sera precedente. Ho avuto una strana sensazione quando mi ha affrontato armata fino ai denti con le copie del Fatto e la Repubblica tra le mani, brandite come una mazza e un moschetto. Avevo appena sentito dall’altoparlante che i treni erano tutti bloccati perché stavano disinnescando un ordigno bellico alla Tiburtina. Un’altra bomba era stata annunciata sul volo di Berlusconi e per non essere da meno, anche Fini ha viaggiato su un aereo con rischio di collisione.
Tra bombe di guerra, bombe annunciate e sue grida bellicose, mi pareva di vivere nell’Italia del ’44, tra guerra civile e bombardamenti. Non so nulla di lei ma ho conosciuto dal vivo la sua maleducazione. A occhio sembrava un’insegnante, quelle che un tempo erano definite radical chic; ma noto che l’avvento del precettore Tonino Di Pietro, nuovo monsignor Della Casa (colonica) ha influito molto sul galateo politico, sui modi suoi e dei suoi compagni di piazza. Avete così adottato lo stile cafonal chic, o meglio radical cafonal. Dello spirito chic vi è rimasta la puzza sotto il naso, ma ora si è estesa a tutto il corpo, per via dei modi rustici e del linguaggio triviale. È per questa sua ruvida scortesia che non ho cominciato la lettera come di solito faccio con un Gentile Signora; gentile per lei sarebbe stata un’offesa e un’ipocrisia. Non potevo neanche esordire con Egregia, perché egregia nella lingua di Dante storpiata dallo stil novo di Tonino vuol dire che si distingue dal gregge; e lei invece era perfettamente integrata in un gregge di pecore violacee. Mi è parso di vedere nel suo gregge perfino quel caprone, anzi quel gentiluomo che brandiva la statuina del duomo nella manifestazione, come si è visto in tv, con chiara allusione al gesto eroico di Tartaglia. Forse mi sbaglio, ma se ricordo bene l’immagine in tv, mi sembrava proprio lui.
Lei mi aveva ascoltato il pomeriggio prima su Radio24 mentre presentavo il mio nuovo libro ed ero presentato come editorialista del Giornale. E da lì si è messa a sproloquiare, trattandomi come un venduto al Padrone, che nel suo raffinato linguaggio è Berlusconi. Vorrei dire a lei e a quei gentili suoi compagni, compreso quelli che a volte mi scrivono mail o scrivono al sito del Giornale, una cosa molto semplice ma essenziale. Io non ho queste opinioni perché scrivo sul Giornale ma scrivo sul Giornale perché ho queste opinioni. Forse la differenza le sfugge ma è decisiva. E aggiungo che le mie opinioni non troverebbero accoglienza negli altri 4 o 5 quotidiani maggiori d’Italia. Crede che la Repubblica mi farebbe scrivere quel che penso? No, signora mia, no. E magari pure lei, come il Cavaliere con Santoro, chiederebbe la mia testa; ma il problema non si pone a monte, mi tagliarono già loro. Ha mai letto del resto una cosa positiva sui suoi giornali riferita ad uno che preferisce il versante del centrodestra? No, elogi solo a chi rompe con la destra reale e col suo leader, da Montanelli a Fini; per gli altri solo cacca e silenzio.
Ma possibile che di là dello steccato non ci sia mai una cosa buona, un libro, un’idea, un’iniziativa, una persona? Lei non sa trovare un’altra spiegazione alle mie opinioni che quella di avere un padrone e un tassametro. Ma io non mi sognerei mai di dire che Ezio Mauro o Marco Travaglio scrivono quelle cose perché sono prezzolati dal loro editore e lo fanno perché pagati dai loro rispettivi giornali: so che è il contrario, sono convinti di quel che scrivono e perciò scrivono su quei giornali. Ma per lei loro sono idealisti e invece chi scrive sul Giornale sarebbe una specie di mercenario o di mignotta. Non le viene il dubbio che quella mezza Italia che la pensa nello stesso modo non viva alle spalle dei Berlusca, ma lavori e campi del suo? Non le viene il sospetto che qualcuno possa pensarla diversamente da lei, e possa avere idee, e non convenienze, diverse dalle sue? E possa magari amare altri colori, e non il rosso o i viola? Io le ho detto a voce e glielo ripeto ora che preferisco Berlusconi alla bassa marea dei suoi avversari, e anche di molti suoi alleati, mezzi alleati, ex alleati. Quando dico preferisco, non mi professo berlusconiano, non canto le sue lodi e non condivido ogni cosa che fa.
Dico che quando mi tocca esprimere un’opinione, faccio la somma di tutto quel che mi pare rilevante, e arrivo a quelle conclusioni. Poi ho le mie idee, la mia visione della vita, le mie sensibilità che non coincidono o che semplicemente trascendono quel bipolarismo: ci sono molte più cose in cielo e in terra del berlusconismo e dell’antiberlusconismo. E mi creda, peccherò di presunzione ma non di servilismo; se devo scegliere tra la dignità e i soldi ho sempre preferito la dignità. So dimettermi, amo vivere a piede libero, e del solo incidente professionale della mia vita (un mandato di consigliere Rai, non cercato, non chiesto), sono pentito anche se credo di essermi comportato bene, e non lo rifarei nemmeno sotto tortura.
Amo leggere scrivere pensare, e vivere alla luce del sole. Mi piacerebbe uno sforzo da parte dei suoi migliori compagni, perché so distinguere, non faccio di ogni erba un fascio. Vorrei che lorsignori capissero che si possono avere idee opposte, scrivere sul Giornale o leggerlo, preferire Berlusconi e il centrodestra e non essere collusi, corrotti, prezzolati, maiali, indegni.
Richiesta elementare, da abc della democrazia, che sono pronto a rivolgere anche all’altra parte. Ma da lì poi si dovrà partire, dal 29 marzo prossimo, perlomeno. Deponga le armi, signora Violetta, e riprenda a pensare: col cervello, non con la bile, l’utero o i piedi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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