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Corea del Sud, Parlamento destituisce il presidente Yoon
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QUELLA MANO NON SERVIVA

Diciamolo: quella mano non serviva. L’Inter non era in grande serata, anche se forse avrebbe pareggiato o vinto lo stesso, chi lo sa. Ma il colpo di testa di Couto che ha mandato poi la palla a sfiorare il braccio del portoghese non era rigore, per il regolamento e per il buon senso. Questo lo diciamo e i tifosi nerazzurri se ne facciano una ragione, anche perché il sospetto che il dubbio sia sempre a favore della banda Mancini cominciano ad averlo in troppi. Detto questo però aggiungiamo anche che le sceneggiate viste a fine partita e oltre (si narra a San Siro che Di Carlo e Gasbarroni abbiano aggredito verbalmente e quasi fisicamente l’arbitro nel sottopassaggio) sono una vera certezza, perché il nostro calcio non cambia mai. Altro che fair play, terzo tempo e strette di mano: basta una domenica per cancellare tutto. E tutto torna come prima. È vero: ci sono arbitri (e assistenti) scarsi e Collina, chiede giustamente Franco Ordine, vuol battere un colpo?
Però poi passiamo ai giocatori. Il tuffo di Mutu: il romeno sarà anche stato toccato, ma in verità sembrava colpito da una fucilata. E Marchionni? In campo protesta per un fallo sacrosanto, fuori confessa che lo stesso fallo «non c’era». E ancora: i presidenti. Cairo ha ragione di protestare (e gli diamo volentieri lo spazio per farlo) ma pensare a un complotto contro il Torino... Poi c’è De Laurentiis, quello che si scagliò in tv contro i critici solo perché aveva vinto la prima partita in campionato. Ieri ha sbraitato contro il direttore di gara, reo di una doppia ammonizione ad un suo giocatore.

Ma non si preoccupi, presidente, i suoi (e quelli della Lazio) hanno fatto di meglio: hanno fatto saltare la stretta di mano finale, rimpiazzandola con una sequela di insulti e recriminazioni. Per non parlare della quasi rissa di Inter-Parma. Non cambiano mai, insomma. E, state tranquilli, non cambieranno.

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